08/25/09 07:44 , Categories: Uncategorized
La chitarra monocorde che suona
languida nell’ambiente ospedaliero,
e si insinua dentro me dove tuona.
Dove tuona in un requiem ch’è foriero
di svelarmi altri scorci di natura:
reintegrarmi al paesaggio intero.
Ecco, già penso alla mia sepoltura,
e poter trasmigrare nel terreno;
e restituire tutto con cura.
“No, questo Van Gogh non era sereno-
dice il patologo, il bisturi in mano-
già al ricovero era accertato in pieno.
Ecco qui lesioni e quel gesto insano,
è tipico dei cronici alcoolisti:
dimostra l’atto preparato piano…
Se ci si incappa, che poveri cristi:
delirium tremens, allucinazioni,
e all’incontrollata collera assisti-
ed agli studenti- via le lesioni,
tamponatela bene questa salma;
poi ritornate alle vostre mansioni…”.
Ho un cartellino che la mano impalma:
sono diventato un numero…zero,
ma solo qui ho ritrovato la calma.
Solitario, sono esperto davvero:
attraversare la vita così;
ho vissuto dentro la tela ma vero.
E post mortem anche smembrato qui,
rientro in vita con la mia pelle:
in ogni tela la mia anima è lì.
Sì, guardami in quella, in quella e in quelle:
percorro i campi; vivo nel colore;
bacio l’aria e accarezzo le stelle.
Sono stordito al profumo di un fiore:
insomma la vita che avrei voluto,
però ero sempre in preda a quel malore.
Eppure giovane ho conosciuto
quella mia vera capacità:
certo, di donarsi allo sconosciuto;
al malato con generosità;
intravedere se stessi negli altri;
donare di se con umanità.
Si è risentito chi per fini scaltri
voleva nel prossimo adoperarsi…
per conseguire cose per se ed altri.
Ma l’umanità riuscirà ad amarsi?
VINCENT alias Vezzagno
08/27/09 07:29 , Categories: Uncategorized
Sul volto di Gauguin la condanna,
quel mezzo sorriso di sufficienza;
e la mia professione non m’inganna:
sulla tela la mia insufficienza.
M’ha preso l’anima quando si danna,
e per me è stata emessa la sentenza.
Mi ha dipinto inquieto e burrascoso;
questa è la diagnosi: pericoloso.
Sono pericoloso per me stesso,
che mi sono reciso l’orecchio,
e mi trovo all’ospedale (un complesso
a Saint-Rèmy, reparto molto vecchio).
Sono internato con forzato accesso:
dipingo e ha il sorvegliante lo specchio.
Ecco mi osservo la fisionomia:
mi riscontrano tracce di follia.
Tracce di pazzia autolesionista,
perchè voglio punire l’ossessione.
Di quello che mi scuote ho una lista;
però esigo per me la punizione,
specialmente perchè sono alcoolista;
poi è tutta una degenerazione.
Adesso dentro queste quattro mura,
spero che avrò la relativa cura.
Mi trattano bene sono “Il Pittore”,
e mi permettono di disegnare;
poi osservano dolci e con amore
mi danno il piacere di farmi amare.
Gli infermieri buoni (e bravo il dottore)
vengono qui quando voglio pitturare.
E si assiepano come ammiratori:
nel male mi sono soccorritori.
Sì quelle crisi di allucinazione
si sono attenuate ma il tormento
m’è rimasto qui assieme all’ossessione.
Mi scaturisce così in un momento,
poi sento una gran confusione:
vengo sballottato in balìa del vento.
Sto molto meglio qui che mi curano,
anzichè fuori che mi trascurano.
Qui se parlano con me ci sono…io,
e la malatiia viene dopo me:
anche obbligati per lo stato mio.
E l’altruismo che ognuno ha in se,
sviluppa un attegiamento ch’è…pio,
e chiedi agli altri “come stai te”.
Difatti, ormai, con gli altri malati
ci parliamo sempre e ci sentiamo curati.
Beh, George cammina al corridoio,
e lo affianco mentre c’è l’infermiere.
Gli sta dappresso lo avvia al lavatoio:
io lo abbraccio di slancio:”che piacere…”,
“Non voglio stare a quel dormitorio-
fa- Vincent so di parlarti le sere,
così mi faccio accompagnare qui:
chiedo insomma di fare la…pipì”.
“Ci siamo George- l’infermiere dice;
rimane sulla porta e lui va dentro
un ampio bagno con la direttrice
di quel mancorrente posto lì al centro,
e parla- Avversa padre e genitrice:
era una continua lite al rientro.
Adesso indica te come suo padre,
e dice fai le veci della…madre”.
Caro George, amo il tuo dolore,
l’infantilismo che ti tiene qui
mi fa tenerezza e sento l’amore
che m’induce a parlarti tutto il dì.
E più ti parlo e riaffiora il Signore:
sì proprio Gesù Cristo, che sta lì.
Dall’infanzia che lo cerco dovunque,
ma solo in chi soffre lo trovo, al dunque.
“Vincent tu sei il più grande degli artisti,
e lo dicono tutti anche i dottori,
oltre a noialtri che, poveri cristi,
noi chiediamo tutti dei favori.
Però mi dico sempre, George insisti,
Vincent ti parla più dei genitori.
Credi Vincent mi sento così solo,
voglio diventare il tuo figliolo.”
Rimane in estasi davanti a me:
povero, povero George credi,
ne avrei bisogno quanto ne hai te;
ma la salita è dura, come vedi,
ma di surrogato nò non ce n’è:
ad ogni essere un pò d’amore cedi.
So che parlandoti così ti scuoto,
ma George, tu ne riempi il vuoto.
Comunque, voglio dirti, nel pensiero
tu mi hai scelto come genitore.
Chi sono io per dirti ch’è falso o vero,
e devo confidarti ch’è un onore.
Ti dono il mio affetto per davvero:
ti considero mio figlio di cuore.
Ma pensa quanto sarebbe più bello
poterti considerare un fratello.
Come Louis, Hugo ed altri malati
siamo tra noi solidali e uniti.
Però fuori di qui c’erano stati
i miei slanci per gli altri, sentiti.
Che gioia, ma erano stati frustrati
da vertici del clero risentiti.
Il povero, il misero emarginato,
erano per me al centro del creato.
“E questa è quasi insubordinazione:
devi ubbidire, ci sono regole
da rispettare: questa è la missione.
Gli slanci di cuore sono tegole,
sì, che rivelano troppa passione;
ma alla fin fine sono bazzecole.
Pensa tutti al servizio del povero:
questa chiesa sarebbe un ricovero.”
Ed allora gli altari ornamentali:
con quelle strisce degli orli dorati,
che denotano vie fondamentali:
agli alti gradi si è subordinati.
Le iniziative sono madornali:
gli Ordini nei secoli rispettati.
“Miracoli? Nò, senza presunzione –
dice il vescovo – è amministrazione”.
Insomma la fabbrica religiosa
che prevede solo l’amministrare:
nel patrimonio sempre rigogliosa,
è così avveduta nel prosperare.
Dogmi, dogmi e dogmi (nient’altra cosa):
scienza e coscienza, come dubitare?
A scuola ero il peggiore della lista:
terminai di essere seminarista.
Adesso qui potrei esercitare
l’apostolato che la vocazione
è, malgrado tutto, di praticare
da laico la mia occupazione.
Nel sogno continuo a esercitare:
soccorrere, aiutare: una missione.
Per i “voti” non c’era l’auspicio,
che doveva essere un sacrificio.
A Saint-Rèmy, da borghese alienato
attiro chiunque abbia le tristezze;
e sono sempre con qualche malato.
Nessuno si ricorda di carezze,
così da loro sono circondato:
con gli sguardi cerchiamo tenerezze.
Questo è fenomeno abbastanza strano:
quando penso agli altri mi sento sano.
Poi vengo dimesso dall’ospedale,
e la vita all’esterno è tenebrosa:
la gente mi schiva e mi guarda male,
e mi evitano da persona odiosa.
Non era capitato: eccezionale,
dalla data di fondazione, annosa:
sì, chiedo di essere ricoverato,
e un nuovo letto mi hanno preparato.
E lì dentro, come un operatore,
ho cercato tutti quanti i pazienti,
e da George ci passo delle ore.
Siamo diventati amici e parenti:
il collettivo è nostro salvatore;
che con gli altri sereno ci diventi.
Sono condizionato dall’uscita:
cosa ne sarà della mia vita…
VINCENT alias VEZZAGNO
Archives for: September 2009, 01
09/01/09 10:05 , Categories: Uncategorized
Sono Vincent, Vincent Van Gogh appunto,
e da più di un secolo sono morto; 1
ma…esisto malgrado sia defunto.
Nella vita m’è andato tutto storto,
e magari sono stato tanto odiato: 2
di me in vita nessuno si è accorto.
Adesso ovunque sono celebrato,
e quel genio me lo si riconosce, 3
che sulle mie tele è tramandato
Anche Paul (che quanto me si conosce), (*)
di vivere insieme non ha insistito: 4
viste le nostre reciproche angosce.
Eppure da un secolo sono un mito:
nei musei in bella vista esposto, 5
ho lodi di quando sono esistito.
Ma chissà di sentirmi chi è disposto,
anche adesso a cent’anni di distanza; 6
e figurarsi quando l’ho proposto.
Quel punto cruciale è la lontananza:
l’essere lontani agli altri è sicuro 7
che di chi soffre c’è dimenticanza.
Quel rapporto con gli altri m’era oscuro:
lasciato al caso e senza consistenza; 8
e in vita è stato lo scoglio più duro.
Causa la mia…pia provenienza:
mio padre pastore protestante; 9
tutta l’infanzia è stata trascendenza.
Osservare i riti in modo costante;
elevare preghiere fino in cielo: 10
e tutto ciò è stato determinante.
Anche il piacere di svelare un velo
che rito e funzione agli altri celava, 11
era un trattare la gente con gelo.
Questo un turbamento mi causava:
notavo gerarchie religiose 12
che in maniera…pia ci distaccava.
E misticismo e altre belle cose
erano lontane le mille miglia, 13
e rimanevano cose fumose.
L’umanità era la grande famiglia,
e condizionato dalle letture 14
appresi il laicismo (che ti piglia).
Tra scrittori russi le mie cure
a Dostojewskj per il contenuto 15
di coscienza sociale alle scritture.
Vi arrivai da peregrinazioni:
da Parigi alla città londinese, 16
e via via con tante funzioni.
Da studente ad insegnante d’inglese,
e da predicatore religioso 17
o commesso in libreria olandese.
Quello che trovai meraviglioso
fu l’esplorare il libro dall’interno, 18
che anche quassù rimane melodioso.
Ancora questo brano ne discerno:
“fai del bene agli altri nella vita”, 19
di Dostojewskj dedica in eterno.
Mi dedicai ad un’impresa ardita:
in una baracca tra i minatori 20
la mia assistenza è stata insistita.
E per cinque anni ho appreso tesori:
confidenze emotive, umanità, 21
e ne ho condiviso i malumori
vivendoci con loro in parità.
Ho diviso con loro le patate, 22
nel Belgio in quelle miniere là.
Theo venne e me l’aveva portate
le lettere di tutti i familiari: 23
grandi discussioni ci sono state.
Il figliol prodigo torna dai cari:
emigra di nuovo tra i parigini, 24
nelle scuole d’arte trova ripari.
I miei gusti di pittura inclini
a riprodurre la dura esistenza: 25
sono a quel pittore Millet vicini.
Del cromatismo la mia esperienza,
e quel giallo del sole illuminò 26
tutto quello che vedevo in Provenza.
Da allora ogni mia tela…scoppiò:
ebbe la vita autonoma lì, 27
che chiunque le abbia viste esplorò.
Bene, vivo in quelle tele così,
giro nei musei e vivo là, 28
un caro saluto lo avverto qui.
Adesso ho sorpreso in tarda età
quel Franco ch’è ormai settuagenario 29
per ridargli quell’emotività,
che era ridotta là nel calendario
alle partite di calcio segnate; 30
adesso adopera l’abbecedario.
Molte pagine mi ha dedicate,
con la biografia ne sono tante. 31
Ricambio, nelle letture passate
tra i miei preferiti c’era Dante;
e quelle pagine belle e divine 32
erano divise con numero bastante,
e separate tutte con terzine:
ch’è lo stesso numero,guarda te, 33
in omaggio a Lui il sopraffine.
Ne vengono contate trentatre.
VINCENT
alias Vezzagno
(*) Paul Gauguin
Archives for: September 2009, 02
09/02/09 09:17 , Categories: Uncategorized
Sento l’erba crescere nei campi,
e sono supino al cielo rivolto:
pioggia preannunciano i primi lampi.
Adesso una prima goccia ho colto,
e dopo un pò fitta viene giù a fiotti:
tanto che ne ho intriso tutto il volto.
Nembi e cumuli, è cielo delle notti,
e imprimo dentro me quel lampeggiare
che disegna contorni incerti e rotti.
Nella volta lassù c’è un disegnare,
e vedo figure antidiluviane
che si trasformano in pesci nel mare.
Febbrile è la vista di cose strane,
e come in uno schermo gigantesco
mi vedo di queste visioni arcane.
Allegorie dove entro e riesco,
e vorrei assorbirne l’energia
per creare sulla tela in un pesco,
o dovunque cada la mano mia:
un soffio di vita, almeno un sospiro…
ma, niente, tutto rimane fantasia.
Guardo attorno, avverto il mio respiro;
è solamente in ciò il mio potere:
niente si muove se lo voglio, in giro.
Le mie tele sono…similvere:
eccola qual’è la mia potenza;
mi viene da pregare il miserere,
e prego qui nei campi di Provenza.
VINCENT alias Vezzagno
Archives for: September 2009, 03
09/03/09 08:36 , Categories: Uncategorized
Mi trovo nei campi a gironzolare:
è la fase della concentrazione,
e cerco un soggetto da disegnare.
Dalla fattoria arriva confusione,
e non trovo il modo di cominciare…
quando m’appare l’illuminazione.
E’ un paio di scarpe lì, inanimato,
da lavoro con il fango attaccato.
Sarà che ho ecceduto in libagioni,
però le vedo contorte ed urlanti;
e rappresentano disperazioni:
triturate nei lavori pesanti.
Questo è momento di liberazioni,
ma esprimono dolori lancinanti.
Il paio di scarpe così lo vedo:
forse nello stato etilico eccedo.
Con le mani in tasca giro all’esterno,
e cerco di rianimarmi quel pò
che mi cancelli quelle urla all’interno:
penso al contadino che le calzò,
e (come in una bolgia dell’inferno)
a quella fatica che lo provò.
Con l’aratro a mano svelle le zolle:
ne avverto la…fatica, sono folle?
Il dottor Gachet sempre ci ammonisce,
a Paul e me, di non esagerare: (*)
“L’alcool sulle prime tutto zittisce,
ed ogni pena fa dimenticare;
poi il dolore s’eleva, acuisce
l’ipersensibilità, fa scoppiare…”.
Ma, dottor Gachet, qui c’è sofferenza:
tra le zolle dei campi di Provenza.
VINCENT alias Vezzagno
(*) Paul Gauguin
Archives for: September 2009, 04
09/04/09 08:00 , Categories: Uncategorized
“Con Paul…abbiamo letto Moby Dick…
ch’è stato scritto…quarant’anni fa…
quanti confronti…abbiamo fatto qui…
E’ la storia…del capitano Achab…
che per…vendetta girò tutti i mari…
con Ismaele partì…a Manhattan…
Sulla baleniera…e altri…corsari
alla caccia della…balena bianca…
come quel simbolo…degli avversari
che il capitano…impreca mentre arranca…
perchè la gamba…gli ha divorato…
e…nò che non la deve fare…franca…
Da lì a New York…la caccia ha iniziato
con l’odio e il furore trattenuto…
ch’è peggiore di quando…è infuriato…
Questo simbolo inverso…ne discuto…
è vero…Paul…l’inverso di noialtri…
il nostro lavoro è…discreto…muto…
a cercare…la vita ci fa scaltri…
emerge la natura…l’ideale…
quel brillìo trasporlo…in tela agli altri…
L’arte…è uno spirito che…ci assale…
ma la pittura è…l’arte vanesia…
il mercante gli…dà un prezzo…che vale”
“Ecco…voglio andarci in Polinesia…
anche per lo spirito…socialista…
io Paul…laico della mia ecclesia…
Sì…questa mia fede nell’artista…
che crea ad…immagine e somiglianza…
sarà “scienza” da come…viene vista…
Ecco…e prende le iris in quella stanza…
qui c’è…il tuo ritratto…tormentato…
che…malgrado quella…loro fragranza…
ne traspari tu…in ogni connotato…”.
“Già…gli dico…ognuno esprime se stesso…
dipingo quanto…sono devastato…”.
“Vincent…nel ritratto finito…adesso…
dice Paul…sei abbastanza…sofferente…
e da amico non…mi sono permesso…”.
“Theo…me ne vado sono…morente…
Theo la vita mi…scorre…davanti…
con te…Theo…sono stato insolente…”.
E sono stati i suoi ultimi istanti.
THEO VAN GOGH alias Vezzagno