Pubblicato: Lunedì, 01 Giugno 2015 00:18
Scritto da Fra’
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OMAGGIO A VINCENT (STROFE 60)
![](http://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/cielo-tempestoso.jpg)
Paesaggio e con cielo tempestoso
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1
Paesaggio e con cielo tempestoso:
Vincent spazia nelle vaste distese
e, con quelle pupille così accese,
ci si raccoglie a meditare,ombroso.
Accarezza nelle campagne estese
le tonalità di quel verde ondoso
delle sfuggenti nuvolaglie appese:
è dentro di se quel blu tenebroso.
Il pittore vive tutti i tormenti
delle visioni piene di squallore:
ne avverte tutti quei sentimenti.
Sente della terra battere il cuore,
all’unisono e con tutti i viventi;
però nel suo c’è l’estremo dolore.
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2
La stanza di Vincent ad Arles
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C’è Vincent ad Arles, nella camera,
e nella mente appare una visione:
uno squarcio c’è nella costrizione
di rimanere chiuso e fino a sera.
C’è la frenesia dell’ispirazione,
è delirio, è nella natura altera:
è quel cercare nella confusione
un colore, nel giorno di bufera.
Poi, cercarlo con un pò d’affanno,
il vederlo ancora là in lontananza;
avvicinarsi piano a quest’inganno.
Rincorrere l’idea che gli danza,
perchè così resta senza malanno:
dipinge con furore nella stanza.
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3
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Paesaggio al tramonto
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Questo paesaggio con cielo scuro:
oramai è alla fine del tormento,
Vincent si trova sopra di quel muro
dove sbanda e vacilla il sentimento.
Dentro dilaniato, pensiero oscuro,
all’idea aggrappato nel momento;
e lassù viene sferzato dal vento,
ed il percorso gli diviene duro.
Le nuvole, basse e incenerite,
soffocano l’erba nella campagna,
sotto folate dense e insistite.
Tutto nei propri visceri ristagna,
quelle tristezze sempre l’avvertite
sono angosce che la lacrima bagna.
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4
Casolari con il tetto di paglia a Cordeville
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E’ Van Gogh nell’ottocentonovanta:
ci sono cascinali a Cordeville.
Di alberi se ne conficcano a mille
nel cuore con disperazione…santa.
Quella natura dentro gli si schianta,
le case penetrano e come spille;
tutto gli si oscura,tutto si ammanta,
e pianto e sudore scorrono a stille.
E lui rovescia la sua sofferenza
in un cielo livido di cobalto;
dove la paura trova aderenza
nelle stoppìe accese di giallo malto.
Ne viene bruciata la sua coscienza
da nuvolaglie fosche, lassù in alto.
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5
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Campo d’orzo con falciatore
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Ecco il campo d’orzo con falciatore,
nel pomeriggio e laggiù c’è la casa,
e la sua mente ne rimase invasa
mentre falciava con grande furore.
Questo orzo è ribollente di calore,
e lancia fuoco la radura rasa.
Lui non sente più nemmeno dolore,
ed ha pensiero per quando rincasa.
Il sole ha bruciato la giornata:
laggiù, le montagne brulle,contorte,
la volta in cielo hanno lacerata
con l’alto e frastagliato contrafforte.
Così Vincent avverte quella unghiata:
vorrebbe vivere e pensa a la morte.
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6
Campo di grano
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Campo di stoppie anche con cipressi,
e di altri alberi mossi di quel giorno:
lì soffiava il mistral in alto,intorno
i cirri si abbracciavano compressi.
Le nuvole disegnano un…liocorno
che veniva divorato nei pressi
dalle nubi avvolgenti di ritorno,
i monti,allungati,grigi e oppressi,
gli davano quel taglio all’orizzonte
di sagome giacenti a riposare;
le piante scompigliate di già pronte
al vento che giocava a scapigliare.
Io, Vincent, ho visto la vera fonte
della natura e l’ho sentita urlare.
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7
La sedia di Vincent e la sua pipa
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La sedia di Vincent,con quella pipa,
è così tozza ( come ha voluto ):
l’idea della comodità straripa,
e al rientro non ha mai un rifiuto.
Nessuno degli oggetti qui si stipa,
e ci s’immagina lui qui seduto
con il pensiero al lavoro compiuto:
un fiume dipinto dall’alta ripa.
E si sente ancora a riva l’artista
che espande ora l’alone di tabacco;
la sponda fluviale diviene… pista
che percorre con estremo distacco,
e s’inoltra tra le piante che avvista
a quel lumicino sempre più fiacco.
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8
Autoritratto
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Autoritratto a busto di fronte,
verso sinistra, col grande cappello
di feltro grigio,qui faccio appello:
mi rivolgo al barcaiolo…Caronte.
E mentre mi chiamava “Deh, fratello…”,
mi traghettava lì nell’Acheronte;
così quell’arpia,il mostruoso uccello,
mi ha ghermito nel bosco, sul monte.
Abbiate pietà, dai non infierite:
sebbene su di me quell’insano atto
ho compiuto con le tante ferite.
Questo mio corpo da sempre disfatto:
brucio e fumo di zolfo e di pirite.
Vivo solo nell’autoritratto.
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9
Strada di campagna in Provenza, di notte
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Strada con un albero sotto il cielo,
un cielo stellato con i viandanti.
Lassù scolpite le stelle ruotanti
vi traspaiono incerte dietro un velo.
Un velo nei chiaroscuri inquietanti,
e quella luce graffiata, di gelo,
da cui bàlzano astri irradianti
che il chiarore ricopre come un telo.
Lì, nella strada dal manto distorto,
un carro vi transita sulla duna,
e gente se ne va via dall’orto,
piano piano già senza fretta alcuna.
Urla quel bruno cipresso contorto
l’inno d’amore alla splendida luna.
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10
27 Luglio 1890
*
E’ di luglio quel giorno ventisette:
e lui Vincent li vorrebbe esprimere
i colori che deve comprimere
nelle fenditure sempre più strette.
E nella nottata tracciare sfere…
le parabole di fuoco dirette
a rubare quelle celesti fette,
e le stelle nelle mani avere.
E lampi che accendono l’infinito,
e dopo gridare verso il creato,
al vento ma quello sparo s’è udito.
Dal rosso vermiglio viene accecato:
così annaspa mortalmente ferito
Così Vincent se ne va disperato.
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11
Un campo d’orzo
Un campo d’orzo con grande nuvola:
le ciglia sono socchiuse sugli occhi,
Vincent vede sulle nuvole i cocchi
che tirano maschere da favola.
Il suo cuore manda dei rintocchi,
e con quella fantasia lì… vola:
un mondo di favola con gli sbocchi,
il suo pensiero tra sogni s’invola.
Un fuoco d’orzo dentro di se accende,
e questa immagine è nitida e pura:
laggiù quella collina si distende.
Sulla vallata, dipinta con cura,
Vincent in questa tela si protende,
e diviene pianta nella natura.
12
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La pianura della Crau
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Per la piana della Crau, Provenza,
sotto quel cielo siede finalmente
Vincent che lieto riposa la mente,
ed è grato di tanta provvidenza.
Si acquieta quella sua turbolenza
con il paesaggio che vede e sente
all’unisono in sè con la semenza,
il mietitore lì sparsa altra gente.
La campagna fino laggiù s’infrange
dove tutti sono chini al lavoro,
sopra colline dalle dolci frange.
Quel verde tenue su quel giallo oro,
e Vincent dalla commozione piange
con dentro sè questo capolavoro.
13
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Salici al tramonto
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Dipinge tramonto al campo di grano:
il sole guarda, da dietro le case,
le piante che frementi si baciano,
e i raggi pallidi all’ultima fase.
A questo abbraccio tutte si indorano:
un dolby nell’aria, una dolce frase,
quel tepore che si forma alla base
dà il brulichio che le scie oscurano.
Il Vincent visionario qui si avvampa:
appare nel cielo quel tenue chiarore
che nella sua anima sempre stampa.
Qui riversa quel febbrile tremore,
e nel creare, dalla più alta rampa,
con la natura vive il suo amore.
14
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Vaso di Girasoli
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/Vaso-di-Girasoli.jpg)
Vaso con quattordici girasoli:
come poter trarre il soffio vitale.
Già, come da elisir contro quel male
l’avverte: una folgore tra due poli.
A Vincent questa fiammata l’assale
e lassù alla luce pare che voli
ad una doratura trasversale
è bruciato da decine di soli.
Lì, quel sollevarsi, quel levitare
nello splendore giallo paglierino,
e questa tela vuole accarezzare.
Solitario vive nel suo destino:
non gli permette la vita d’amare,
di ogni fiore ne fa un suo bambino.
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15
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Autoritratto con l’orecchio bendato
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Autoritratto di quel gennaio
dell’ottantanove, a capo bendato.
Sofferente Vincent di quel gran taglio
che s’è inferto all’orecchio: mutilato.
Una staffilata, un colpo di maglio,
e furente rimane devastato.
A quel delirio ne resta prostrato:
è dipinto negli occhi quell’abbaglio.
Dalla folgore ne è stato colpito,
e gli occhi sempre irrequieti cercano;
tutto trabocca, il colmo s’è riempito.
Da disperato questo gesto insano
è richiamo per chiunque abbia udito:
l’aiuto ad una amorevole mano.
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16
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I Mangiatori di Patate
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Eccoli i mangiatori di patate:
nell’oscurità della loro vita
quella la sola…luce tra le dita,
ma le espressioni sono da affamate.
E le giornate infinite e…scavate,
quella tazza d’orzo tanto patita:
piante a decine son state tagliate
per averne,lì,solo una riempita.
E Vincent, al lume della lanterna,
strappa dalle tenebre l’esistenza:
soffia nell’interno una luce eterna
piena di energia, vigore e pazienza.
Col pennello estrae la pena interna,
e accecano i lampi di sofferenza.
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17
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Esterno del Caffè di Notte
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Guardo l’esterno del caffè di notte:
Vincent che si siede tra gli avventori
(son da sempre abituati ai pittori),
e dalla sera si aggirano a frotte.
Dei saloni, delle Accademie dotte,
ne fa a meno: é realista lì fuori:
interpreta sulla tela le lotte
che si sviluppano (quelle interiori).
Le stelle quel cielo l’hanno strappato,
e giù, là sotto, lo guardano inquiete,
dagli spiragli, nel blu accartocciato.
Vincent é sotto quel ramo d’abete,
e fissa il riverbero sul selciato:
quello sfolgorìo gli dona la quiete.
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18
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Campo di grano con Corvi
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Un campo di grano con corvi in volo
che dalla…testa gli escono furenti:
a pieno stormo gli piombano, attenti
a quella luce che si effonde al suolo.
L’idea fissa (ha puntato un…piolo),
vede quelle cicatrici e gli stenti,
e vive il suo dolore, da solo,
tempestato dai turbini e dai venti.
Il grano ci si scompiglia colpito
da raffiche e si piega sul terreno,
mentre un rapace dal cielo è fuggito,
e si avventa sulla semenza in pieno.
E quegli altri? Eccoli,hanno insistito,
poi c’è il buio che accarezza il fieno.
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19
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Ritratto del dottor Gachet
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/Portrait_of_Dr._Gachet.jpg)
Ritratto del dottor Gachet con libri,
e ramoscello della digitale.
Ne viene immerso nel blu più totale,
e che abbia perso tutti gli equilibri.
E questi occhi di sogno,di squilibri
hanno già visto tutto quanto il male,
e quanto nel dolore ci si sfibri;
ma di tormentarsi proprio non vale.
Allora la vita entra nel colore,
e tramuta quella lieve incertezza
nell’espressione di ottuso dolore.
Vincent lo sfiora (estrema dolcezza),
gli pennella sentimenti di cuore:
col pennello ritrae una carezza.
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20
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La Notte Stellata
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/notte-stellata-vincent-van-gogh-cm-40x50-1.jpg)
E’ Vincent in quella notte stellata:
astri dardeggiano nella sua mente.
Quell’angoscia la respira, la sente;
ed è colpito da quella nottata.
La luna gira ubriaca e sfibrata:
le stelle di questo cielo fremente;
rigira vorticosa una vampata
in quel suo delirio veemente.
Schivo ed atterrito urla quel cipresso:
c’è tutta rabbia e l’inquietudine.
Questo il simbolo dell’artista stesso:
le dita scolpite…sull’incudine
stormiscono alle case,lui,lì presso,
che piange la propria solitudine.
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21
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1882 – Ragazza in un bosco
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/ragazza-in-ub-bosco.jpg)
” Il colore non basta,
il pennello dà vita
la sensibile arma del pittore,
se vuoi rappresentare,
cielo, terra… ed il mare. “
Solo illuminazione,
questione di genio,
e solo forse, passione.
E ce l’ha il rosso Vincent,
del geniale pittore,
con quel tocco divino
che carpisce… il bagliore.
Piu che fotografia,
questa qua e’… magia
Che cattura la scena
per la mente ed il cuore.
Pazzo per l’impressione
del potere assoluto,
semplice vertigine creativa,
solo paura… del vuoto.
L’arte e’ senza confini,
l’arte, distrugge l’uomo.
Ti porta oltre il reale,
ma non ti lascia modo di ritornare.
Sconfinata passione,
un potere infinito
che brucia la mente
e logora il cuore.
Milleottocentottantadue :
Una donna nel bosco,
forse solo un fantasma,
uscito dal tappeto di foglie secche del suo passato.
E la, da contorno,
giganteggiano i tronchi di rimorsi e passioni.
” Caro fratello,
purtroppo io il muro, oramai l’ho passato.
Ma non temere, passeggio,
cosi’, se decidi di venire di corsa,
ci si becca all’infinito “
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22
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Fattoria in Provenza
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E, Vincent, in calzoni di fustagno,
percorre la campagna di Provenza;
e come d’abitudine (in coscienza)
ne vive fermenti: un piccolo stagno;
la polvere della strada col ragno
che intrepido affronta (con veemenza)
le formiche che,con santa pazienza,
gli sfuggono;e lì una papera al bagno
starnazza al cielo nella fattoria.
E Vincent s’inoltra nella radura,
dove conversa con madame Maria.
Ha percepito l’anima con cura,
e sulla tela, nel mezzo della via,
ci soffia la vita della natura.
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23
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Chiesa di Auvers
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Sulla terra questa…meteorite:
cupole,pinnacoli e campanili;
un gotico-romanico di stili,
blu e viola colorazioni insistite.
Vetrate oltremare sembrano…ostili,
così tappate e di quel blu riempite:
è un blocco che frana sugli arenili,
e così al sud che sono concepite.
Una protezione per il fedele,
così rocciose e piene di colore
(sai di quelle navi senza le vele?).
Gente di paese trova calore,
una preghiera e accende candele;
lì Vincent ha smarrito il suo cuore.
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24
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Il Ponte di Langlois con lavandaie
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/Il-Ponte-di-Langlois-con-lavandaie.jpg)
Il ponte di Langlois con lavandaie,
e le barche,birroccio,quelle bolle;
ma di quelle tonalità più gaie
per cui scaturiscono umide ampolle.
Getti d’acqua argentata e scie varie,
e sulla riva ne accorrono folle:
una moltitudine nelle zolle;
e di qua e di là dal fiume:binarie.
Vincent del giornale legge un ritaglio:
“Invenzioni di un giovane Ingegnere,
Tesla:alle fatiche ci sarà un taglio…”.
Già, elettricità auspica nuove ere,
le donne con sulla testa…un bagaglio:
e pensa a quando potranno sedere.
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25
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Uliveto
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/Uliveto.jpg)
Questo uliveto sotto un cielo blu:
alte nell’aria le braccia contorte,
è scapigliato ed ancora di più:
agita le chiome oramai distorte.
La terra liquefatta di quaggiù
tritura e macera le erbacce morte:
di quelle olive c’è un afrore forte,
ed un sussurro si eleva lassù.
Tutto gli si spalanca alla tristezza,
di tronchi caduti avverte quel suono:
sono stati abbattuti con asprezza.
Vincent Van Gogh è fermato dal tuono,
dentro di se qualcosa gli si spezza:
guarda lontano e vive l’abbandono.
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26
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Ottocentonovanta
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Luglio ottocentonovanta, sul viale:
ora la vita mi sfugge di mano,
e nella mente (un labirinto strano)
schioccano le frustate di copale.
Le piante, dentro di me, respirano
l’angoscia che s’incunea e mi assale,
mi soffocano in un abbraccio arcano,
nel respiro d’affanno che mi sale.
Io, per il dolore sono esistito:
sento dentro come graffiarmi un’unghia,
che ha scavato e gli ho resistito.
Adesso,chi mi colpisce e mi adunghia?
Sento da laggiù arrivarmi un fremito…
avvolge come quando il mare mugghia.
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27
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![](http://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/Vincent-Van-Gogh-IL-FALCIATORE-1889.jpg)
Vincent, luglio 1890
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Dipingo campo d’orzo e falciatore:
il cielo è tutto un tramonto dorato.
Ad occhi chiusi l’ho sempre sognato,
e sento musica in questo chiarore.
Sonorità del…silenzio ho amato:
vedere l’origine del colore
(emerge da quel bisogno interiore),
e fa risplendere tutto il creato.
Ecco, sprigionare la lucentezza
(il coetaneo Tesla l’ha vissuto)
stimola l’adrenalina e l’ebbrezza.
Poi, però, nel buio un dolore acuto:
non vedo il pulviscolo che accarezza…
questa “L’ORA” ed il cielo resta muto.
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Notte Stellata II
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Quella notte stellata sul Rodano,
e quelle luci nel buio più fitto;
scendono lingue di fuoco giù dritto:
e nel fiume laggiù si rispecchiano.
Dietro, nascosto, c’è l’essere umano:
la donna seduta e l’uomo diritto,
che se ne stanno mano nella mano
dov’è una luce e lei legge uno scritto.
Fluviali stelle a…nuoto tremolanti:
Vincent Van Gogh trafiggono sorpreso
di sentire fremiti laceranti.
Tuffo al cuore, il palpito si è arreso:
si spegne e muore per alcuni istanti;
ma nella tela vive, resta acceso.
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29
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La Casa Gialla
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Dipartimento Bocche del Rodano,
ad Arles città, affitto questa casa.
Sulla tela è gialla ma gialla abrasa:
borgo che tradizioni lodano.
Trovo ciò su cui la vita si basa:
cibo e locali, cani che…scodano.
Ma la mia vita adesso verrà invasa:
viene Gauguin, le idee trasmodano.
Di abitarci insieme sono eccitato,
e mi ha scritto di casa modesta:
ha letto di Voltaire, n’è contagiato.(*)
Non vuole ricchezze;il libro(protesta)
nella nostra casa verrà studiato:
anche il pittore deve aver la…testa.
II
Però l’unico lusso qui è la malta,
che quando è gialla diventa dorata.
Passando di qui l’ho sempre ammirata,
ed in più di qualche sogno m’esalta.
La sedia con la piccola ribalta
dove l’attrezzatura viene posata;
e ci passo più di qualche serata,
e da quassù la mia emozione salta.
Difatti per me è l’Eldorado, l’oro:
quel luogo leggendario è questo qui.
Dalla sedia vedo la vita loro,
e penso all’amico mio Paul Gauguin.
Al Caffè di dietro faremo un coro
alla solitudine che…morì…
III
Della casa gialla là, due tocchi
su quel ciuffo vegetale laggiù,
cambio pennello ne aggiungo sul blu;
ma dentro di me non avverto sbocchi.
In me vivono solamente gli…occhi,
e vorrei esternare ancora di più
l’altruismo che atrofizzato (fu):
ma bando le tristezze, son rintocchi.
Ecco, l’ho affittata per starci dentro,
ma ci rimarrà una sedia in questo posto…
anzi due che Paul vuole stare al centro…
Pensa alla Polinesia a ogni costo:
leggeremo il “Candido”, gli subentro,
con la calma di quassù, dove sosto.
(*) Dal Candido di Voltaire,luogo leggendario
dove la ricchezza non esiste,tutti sono felici.
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![](http://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/albicocchi.jpg)
Albicocchi in fiore
*
Albicocchi in fiore, delimitati
da un prato che li accoglie, colorito:
tutto è festante ed è tutto un invito
a trasmettersi vita, affratellati.
Radice ed erba sono alimentati,
e da linfa,fiori sparsi in un rito:
con loro questa tela ha riempito
con quei suoi pensieri angosciati…
Il vedere quella natura aperta
infonde l’idea di essere contorto,
ed è lassù, nella volta coperta,
dove impasta l’indaco appena scorto
tra nuvolaglia livida e sofferta,
e ci si specchia qual’è,grigio,assorto.
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![](http://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/Strada-di-campagna-in-provenza-di-notte-1.jpg)
Cipressi
*
Alberi ornamentali al cimitero,
anche nei parchi vengono piantati.
Così Vincent li osserva, scapigliati,
e protesi a baciare il cielo intero.
Le foglie suggono tra quegli strati;
vorrebbe entrare in loro, nel mistero:
dentro la pianta fluirci e davvero
avere delle foglie i…mille fiati.
Lassù quelle nuvole accarezzare,
avere un interesse per gli insetti,
e, quindi, sentirseli attraversare.
La vita agreste nei rapporti stretti
con gli altri volatili ed osservare
di lassù che pennella quegli affetti.
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*
(UNA RIFLESSIONE SU VINCENT)
33
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La Ronda dei carcerati
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/la-ronda.jpg)
Si chiude nel quadro Vincent,
mentre con il suo genio,
imprime su quella tela la sua realta’.
Una stampa della disperazione,
nuda e cruda.
Una fotografia della smania,
esasperata, di liberta’.
Con i colori che si infrangono sul mattonato,
fracassa lo scorrere del tempo,
cristallizza la dimensione
a favore di una percezione non dissimile dalla verita’.
E’ la sua mente,
che amalgama l’universo,
nella sua essenza piu’ reale.
Con i colori,
lui fonde tempo,
spazio,
ed emozione.
Nient’altro che tutt’uno,
e’ questa la crudele percezione,
d’una mente troppo ampia,
in un corpo che non va oltre il nessuno.
Carcerazione,
coincidenza di vita e d’emozione.
Sognante sguardo alle farfalle bianche,
libere nell’ignoranza
del presunto scorrere di un fiume fermo,
dei sofferti trentasette soli di prigionia.
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34
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35
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![](http://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/zundert.jpg)
Luce,
per la prima volta, il Bagliore.
Che delinea strane forme,
i soffusi contorni della percezione.
Gabbia di schemi e tabelle,
matematiche sbarre, limitanti prigioni.
E’ questa volta il rosso,
che vi viene recluso.
Che esce, per entrare,
Si libera per esser rinchiuso.
Vorticose forme,
gli frullano tutte attorno;
Ma cio’ che lo distrae,
sono i colori.
Colori e linee,
proprio come sentimenti,
angosce ed emozioni.
E geometrie e regole e quadrati,
che fungono da lor prigioni.
Appartamenti di Zunder, Trenta Marzo del ’53.
Dalla finestra dell’ultimo piano, timido,
un bambino sbircia il globo.
Ma forse ancor non si rende conto,
di quanto e’, e di quanto accadra’.
VINCENT, ZUNDER,30 marzo ’53.
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36
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Davanti al manicomio di Saint Remy
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/Davanti-al-manicomio-di-Saint-Remy.jpg)
Sì, mi trovo in manicomio, internato,
e sono in cura qui in questo reparto;
ma se guarisco giuro che riparto:
cerco Dio da quando sono nato.
Piante,animali,umani niente scarto:
la scintilla divina e quell’afflato
dall’infanzia (non più dimenticato),
mi causano stress fino…all’infarto.
Soffio divino cerco nelle piante
che tutti distinguono regolari;
per me la loro forma è travisante.
Così lacerate e irregolari,
così disperate che è…disperante
vivere i loro tormenti solari.
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II
“Le ha alterate le capacità-
ha detto il medico-“preoccupante:
è sindrome schizoide, importante;
ma non deve stare in cattività.
Un portantino lo accompagnerà,
poi con atteggiamento isolante
rimarrà libero, seduta stante:
con discrezione lo sorveglierà.
Attenzione, è autolesionista:
la disperazione acuisce il male;
è sedato,un calmante,nuova lista.
E’ di terapia nuova all’ospedale,
e dategli le tele, è un artista;
ma sì che il cavalletto,naturale.”
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III
Ecco, la diagnosi mi è trapelata:
di psicosi epilettica si tratta…
mi par di capire ch’è la più esatta;
d’altronde “Saint-Rèmy” è celebrata.
Ma quando la crisi sarà passata
avrò la certezza della…disfatta:
mi rimarrà ancora la testa matta
di percepire la pena incarnata.
Ed allora, quando sarò dimesso,
proseguiranno le angosce e tormenti;
perchè lì fuori aspettano l’ossesso.
E saranno inquieti i miei momenti;
la ricerca continuerà lo stesso:
cercherò Dio allo stormir dei venti.
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IV
“Sì, mi acquieta dipingere l’esterno-
dico al così discreto sorvegliante-
le carabattole non sono tante;
la prego le prelevi dall’interno.”
Avverto dei vuoti, più non discerno
l’interiorità che era la costante
d’intravedere Dio nelle piante;
Ed allora in me riemerge l’inferno.
Ritorno nel reparto accompagnato:
soffro come non ho mai sofferto,
che l’effetto Dio si è cancellato.
Ho dipinto di nuovo e, sono certo,
lo spirito interiore se ne è andato;
ma forse uno spiraglio resta aperto
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V
Deve lenirmi la disperazione
quell’albero antistante all’ospedale.
La pianta è di fusto liscio e normale,
c’è questo tipo di vegetazione.
L’inserviente avverte la confusione…:
“andare di slancio, oppure non vale?”,
poi non interviene, meno male;
ed il suo profilo mi propone.
A quell’albero rimango abbracciato,
e lacrime mi scorrono sul viso:
sento come fossi resuscitato.
Nel piangere la corteccia ho intriso,
e una mano alla spalla mi ha destato:
rivedo l’albero, mi ha sorriso.
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VI
Anch’io gli sorrido nel vederlo
emozionato da quel dolce abbraccio:
mi saluta col ramo come un braccio,
e dalle chiome vola via un merlo.
In questo delirio la fronte imperlo,
il pennello pesa, sono uno straccio;
ma a pennellate l’anima gli caccio,
così riuscirò Dio a rivederlo?
Sul tronco dipingo l’occhio inquietante:
l’occhio che sa,ovunque, dove sono io;
è quell’occhio che per tutti è ruotante.
Anche al frontespizio c’è il tocco mio,
e quel cielo di cobalto, invocante,
irradia ovunque la luce di Dio.
*
*
*37
*
Paesaggio al tramonto
*
Lo sfocato tondeggiare
di timido astro ingiallito,
forse solo a dimostrare
il giorno, concluso, finito.
Il grigiore, sulla terra,nel cielo.
Una pozzanghera d’ignota materia,
si fa strada, scurita da un velo,
della coltre di malinconia…seria.
Assorbe il sorriso e appanna l’ardore,
l’orizzonte occulta i fili marroni;
demotivante non placa il furore.
E di fili d’erba sono…milioni;
l’occhio lo penetra,prende nel cuore,
mentre in se volano mille aironi.
*
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Un Paio di Scarpe
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/Un-Paio-di-Scarpe.jpg)
Quanto parvenze di realta’
siano discriminate,
E non esista l’eguaglianza,
nell’umana concezione,
ce lo mostra il rosso Vincent,
pennellando… uno scarpone,
che antisimmetrico, testimonia,
dell’uomo, l’imperfezione,
eppure, allo stesso tempo,
ne esalta coraggio e fatiche.
trae dal paio di stivali del contadino,
l’anima sua, che ha impresso,
nell’amore e nella cura del proprio giardino.
*
Milano, 18 agosto 2009
*
*
*
39
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![](http://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/Il-Ponte-di-Langlois-con-lavandaie-1.jpg)
Ponte di Langlois
*
Ed anche qui ho fatto appostamenti
per vivere l’esistenza del ponte.
Nello zaino ho le scorte pronte:
block notes, matite e vari strumenti.
Faccio schizzi con note convenienti,
abbozzi e studio di lato e di fronte.
Poi dall’argine vado più a monte,
e ne osservo legname e componenti.
Là la gioia da quanto è pittoresco:
quelle braccia alzate a quattro venti
lo vedo dall’alba come un affresco.
Poi ci ritorno in vari momenti,
lo stupore a tenerlo non riesco:
cambia l’aspetto e a crederlo stenti*
*
40
*
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/Il-Ponte-di-Langlois-con-lavandaie-2.jpg)
Ponte di Langlois
*
Così ho provato di notte e niente:
senza il minimo d’illuminazione
è completa oscurità, dannazione,
un piccolo trucco mi viene in mente.
E può essere rimedio sorprendente:
ritorno al buio con un cappellone,
sopra candele accese e…confusione…
ci vedo appena il volto della gente.
Però, quel piccolo corso fluviale,
riflette le stelle,lento le scuote:
ai lumini c’è pittura serale.
Ma lo intuisco (scrivo sulle note),
mi vedo dentro una luce spettrale:
e rivedo il ponte,le braccia vuote.
*
41
*
Ponte di Langlois
*
Abbagliante luccica il torrente,
mi soffermo sulla volta stellata,
e sull’argine la vita è fermata:
sono con loro, una stella cadente.
E tutta la notte, continuamente,
ha viaggiato là nel cielo, beata,
una stella (che sia stata inventata?)
io l’ho seguita col cuore e la mente.
Adesso all’alba, le ore antelucane,
al fievole lucore che sprigiona,
vi realizzo le sagome strane.
L’obbligo di alzarsi non appassiona:
con le mani in tasca le forme umane
sbadigliano: no, non è l’ora buona.
*
42
*
Ponte di Langlois
*
Intanto il ponte di luce si veste,
e così ne schizzo i primi fulgori:
l’acqua smeraldina fa i ghirigori;
e le carrette attraversano leste.
Le lavandaie con fagotti e ceste,
malgrado del tempo i primi rigori;
arrivano anche da contrade fuori:
rimboccano le maniche moleste.
Un dramma non ne fanno ma cantano
le canzoni popolari francesi…
con le tipiche voci che vantano.
Ed alcuni passanti sono scesi,
di fiero patriottismo s’ammantano;
ed altri sul dosso sono sorpresi.
*
43
*
Ponte di Langlois
*
Ora rifulge il ponte levatoio,
sono rapito dalla utilità:
gente e birocci passano di là;
per questa visione certo ne muoio.
Schematico (due righe sul foglio),
e perciò leggero…si salverà?
Sento storie nel Caffè…cambierà…
ma del pensare tutto ciò, m’annoio.
Adesso l’abbraccio da qui lontano,
e, nel ritornare alla Casa Gialla,
mi giro e lo saluto con la mano.
Qui dall’emozione avverto una falla:
la vita mi lacera, piano piano,
a queste bellezze il cuore traballa.
*
*
*
44
*
![](http://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/campo-di-grano-con-corvi-1.jpg)
*
CAMPO DI GRANO CON VOLO DI CORVI – 1890
*
“Theo su non affligerti così,
dammi la pipa fumiamo un momento;
mi sono…sparato al presentimento,
al termine di questa tela qui.
“La strada senza uscita che finì
nel campo di grano percorso,stento –
e Vincent racconta senza lamento
quella “fatalità” (la definì).
Theo quello stormo mi ha attaccato:
quello che vedi è nella mia mente,
certo, vedo lassù cielo offuscato.
Così preciso… insistentemente
e dappertutto mi hanno becchettato:
credimi, non potevo fare niente.
Questa tela è la mia radiografia:
Theo, questi sentieri senza sbocchi,
ed i corvacci mi cavano gli occhi;
ho deciso così di andare via.
Già, non avevo scelta, ovverosia,
sentivo nella testa dei rintocchi,
la mia povera testa, quanti blocchi:
perdonami Theo è una… follia…”
E Vincent fuma e si riga di pianto,
ha gli occhi fissi di fuori sull’orto
dov’è un susino color amaranto.
“Troppo sensibile, l’unico torto:
da bambino volevi essere un santo…”,
mi giro e lo vedo riverso: è morto.
*
53
*
RITRATTO DEL POSTINO ROULIN
![](https://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/ritratto-postino.jpg)
La copiatura buona per studiare,
e mi dà solamente frustrazione;
è arrivato il momento di creare.
Ovunque vado cerco con passione
la vita da portare sulla tela:
questo l’apice della professione.
Trasmigrare fiore,il melo,la mela,
dargli nel dipinto la dimensione…
il…movimento di vita, il destino…
Sono al Caffè,sfoglio alcune pagine,
poi alzo gli occhi,vedo quel postino:
così (senza indugio) rompo l’argine,
e lo raffiguro ( sembra benino )
con la sua anima… immaginabile :
nel ritratto c’è quel soffio divino.
Nel guardarlo lo vedo…invisibile,
e ne dipingo l’interiorità :
sì, quella sua anima visibile.
Ne emerge qualcosa d’eternità :
l’energia della vita affiorante
da’ l’idea che non si spegnerà.
C’è dell’infinito dietro bastante
ad immergerlo nel turchino,dentro,
e a sollevarlo nel sole calante.
E’ l’aspetto enigmatico che centro
di espressione nei visi orientali :
e c’è come un ritirarsi, un rientro.
Lo spazio da percorrere con le ali,
per trasmigrare nei cieli infiniti;
e il meditare è nei riti normali:
Roulin dei pensieri occhi riempiti.
*
54
*
*
NEI CAMPI DI PROVENZA
*
Sento l’erba crescere nei campi,
e sono supino al cielo rivolto:
piogge preannunciano primi lampi.
Adesso una prima goccia ho colto,
dopo poco fitta viene giù a fiotti:
scorre,me ne sento intriso nel volto.
Nembi e cumuli, è cielo delle notti,
e imprimo dentro me quel lampeggiare
che disegna contorni incerti…rotti.
Nella volta lassù c’è un disegnare,
e vedo figure… antidiluviane
che si trasformano in pesci nel mare.
Febbrile la vista di cose strane,
e come in uno schermo gigantesco
mi vedo di queste visioni arcane.
Allegorie dove entro e riesco,
e vorrei assorbirne l’energia
per creare sulla tela nel pesco,
o dovunque cada la mano mia:
un soffio di vita, almeno un sospiro…
ma, niente, tutto rimane fantasia.
Guardo attorno, sento il mio respiro;
è solamente in ciò il mio potere:
niente si muove se lo voglio, in giro.
Le mie tele sono…simil…vere:
eccola qual’è la mia potenza;
mi viene da pregare il “miserere”,
e prego qui nei campi di Provenza.
*
57
*
UN PAIO DI SCARPE
*
Mi trovo nei campi a gironzolare:
è la fase della concentrazione,
e cerco un soggetto da disegnare.
Dalla fattoria arriva confusione,
e non trovo modo di cominciare…
quando m’appare l’illuminazione.
Un paio di scarpe lì, inanimato,
da lavoro con il fango attaccato.
*
*
Avrò ecceduto nelle libagioni,
però le vedo contorte ed urlanti;
e rappresentano disperazioni:
triturate nei lavori pesanti.
Questo è momento di liberazioni,
ma esprimono dolori lancinanti.
Il paio di scarpe così lo vedo:
forse nello stato etilico eccedo.
*
*
Mani nelle tasche giro all’esterno,
e cerco di rianimarmi quel pò
che mi si cancelli urla nell’interno:
penso al contadino che le calzò,
e (come in una bolgia dell’inferno)
a quella fatica che lo provò.
Con l’aratro a mano svelle le zolle:
ne avverto la…fatica, sono folle?
*
*
Il dottor Gachet sempre ci ammonisce,
a Paul e me, di non esagerare: (*)
“L’alcool sulle prime tutto zittisce,
ed ogni pena fa dimenticare;
poi il dolore s’eleva, acuisce
l’ipersensibilità, fa scoppiare…”.
Ma, dottor Gachet, qui c’è sofferenza:
tra le zolle dei campi di Provenza.
*
*
(*) Paul Gauguin
*
*
58
*
59
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![](http://www.calamoaureo.it/wp-content/uploads/2024/05/la-pieta.jpeg)
LA PIETA’ – VINCENT VAN GOGH
*
Voglio realismo per “La Pietà”:
nella valle del Rodano le grotte
sono lo sfondo giusto che mi dà
il raccoglimento di effetto notte:
trapela la luce,fischia il mistral
sulle nuvole che volano a frotte.
Il vento fa volare il cavalletto…
lo lego sulla roccia stretto stretto.
*
*
*
Al dipinto di Delacroix mi ispiro,
ed uno schizzo che guardo, ripiego;
benché gli sia devoto e l’ammiro
del soggetto sacro ce ne ho diniego.
Ma questo sono anni che lo rigiro:
la madre dolorosa me la spiego.
Ed è una amorevole tenerezza
questa qui della materna carezza.
*
*
*
Già, la mater dolorosa è centrale,
nella vita stessa indispensabile:
senza madre l’esistenza spettrale,
penso che si diventi…disabile.
Alla mia età il bisogno mi assale:
mi manca la protezione stabile.
Certo che sarebbe troppo lussuoso,
ed a sperare la grazia non oso.
*
*
*
E così nel Cristo mi raffiguro
proprio Vincent Van Gogh, un Gesù
nell’aspetto più terribile e duro:
appena dalla croce è messo giù;
appoggiato nella grotta nel muro,
per poi andare al sepolcro laggiù.
La madre lo ricompone con calma:
lo ricopre,ne accarezza la salma.
*
*
*
E’ triste,tenera quell’espressione
che Delacroix ha disegnato allora:
ed in me suscita grande emozione.
Adesso so dov’è il vero amore,ora;
dopo anni e anni di meditazione
su questa immagine che m’innamora.
Grande momento, madre dolorosa:
l’umanità tutta ne è orgogliosa.
*
*
*
Internato a Saint-Rèmy la pensavo:
(quand’esco sul Rodano c’è la grotta),
dove ogni momento ne pregustavo.
Poi con la coscienza era una lotta
che per rispetto me ne vergognavo:
il copiare era un’idea corrotta.
Sì rubacchiare ad un altro pittore:
è la sola tela dove c’è… cuore.
*
*
*
La mia tela è come una sequenza:
prima o poco dopo, un altro momento.
E che ho colto come in dissolvenza:
ho impresso quel preciso movimento.
Perciò ho tacitato la mia coscienza,
ed ho disegnato sul firmamento.
Anche per me ho avuto compassione:
qui davanti ne ho la consolazione.
*
60
*
NATURA MORTA CON BIBBIA
*
Leggo ancora “La gioia di vivere”:
le storie di famiglia d’Emile Zola.
Questa storia mi piace rileggere
perchè è naturalista e caposcuola:
entra nella società ch’è piacere,
e ne descrive la realtà sola.
Se c’è la malattia, se c’è male,
è logora la struttura sociale.
*
*
*
Ed insomma le condizioni umane
da migliorarsi per emarginati
espanderebbero le usanze sane,
istruzione e bisogni limitati.
Ma sembrerebbero regole strane,
e se “principi” fossero adottati?
Il naturalista scrive la vita:
la parità non è mai esistita.
*
*
*
Così questo libro è deteriorato
da questa mia lettura incessante.
E’ dal contenuto che l’ho elevato
ad una Bibbia moderna e garante:
perchè si scrive dell’emarginato,
e chi ne vuole la discriminante.
Insomma socialismo che dà i frutti:
il sociale può appartenere a tutti.
*
*
*
La mia cara Bibbia l’ho effigiata
e da libro aperto dovrebbe stare:
le pagine all’aria, c’è mai stata?
Senza…aprirla poterla consultare;
ma sarà mai stata consultata?
Dubito a ciò che devo rilevare,
e la religione in me ormai è stenta,
già una candela: l’ho dipinta spenta.
*
*
*
La Bibbia a quel capitolo aperta:
descrive dell’avvento del Messia.
Martire a salvare da fine certa
tutta l’umanità: libro di Isaia.
Letta,riletta,quella luce incerta,
è la più bella storia che ci sia.
Il clero a tenerla aperta non l’usa…
perché l’ignora ed è proprio chiusa.
*
*