Pubblicato: mercoledì, 6 febbraio 2013 22:59
Scritto da Fra’

DON CAMILLO (STROFE DA 1 A 200)
*
1
*
Nel dopoguerra al piccolo paese,
situato tra fiume Po e Appennino,
le tensioni sociali sono accese:
rivalità anche all’osteria, col vino.
Tengono in fermento, fra varie offese;
ma dal tono giullaresco…perfino.
Qui “compagni” e prete si fronteggiano,
e così i “rossi” eletti festeggiano.
*
2
*
Case rurali,visi contadini,
camicie con maniche rimboccate,
fazzoletti rossi e tutti vicini:
famiglie intere sono arrivate
per ascoltare lì, insieme ai bambini,
il compagno dalle idee più votate.
Eccolo, è lui, tarchiato e col baffone:
Giuseppe Bottazzi detto Peppone.
*
*
3
*
*
C’è la Banda che al palco li accompagna,
e che suona imitando il bersagliere:
un pò di corsa (il sudore li bagna),
e i cappelli con alte le visiere.
Tenerezze, il ricordo ne guadagna:
tutti riemersi da macerie vere.
Tutto il paese c’è lì a quell’appello
e, avanti al palco, la falce e martello.
*
*
4
*
*
La gente del paese radunata
tra i caseggiati alla piazza centrale,
nel preparare ha fatto la nottata,
e sente in festa l’Internazionale…
lì sbuca una scritta sgrammaticata:
“Forza Pepone” nel gruppo che assale
con il vero entusiasmo in mezzo ai cori
quei loro compagni…i vincitori.
*
*
5
*
*
A ridosso del palco le persiane
sono socchiuse con la discrezione
di chi, di altro rango, ritiene vane
le attività e la manifestazione.
Ma dietro, una ad attendere rimane:
quella maestra che ha dato lezione
a tutto il paese e all’avvocato
dalle elementari aveva insegnato.
*
*
6
*
*
Adesso dalla persiana a guardare
l’avvocato e la maestra Cristina.
Lei a casa sua deve ritornare;
lui dice è imprudente quella mattina;
ma verso sera la può accompagnare
che cjascuno di lì per lui è una…mina.
Però lei, arrancando sul bastone,
lascia…perplesso il capo-opposizione.
*
*
7
*
*
Scende nella piazza e fende la folla,
ed ha l’andatura decisa e fiera
di un…bullone lanciato da una molla.
“Gli faccio vedere una furia vera-
gesticola e dice tra sé e li bolla-
vedo l’inverso di una vita intera.”
“Compagni…-si sente e i brividi dà-
il nostro compagno dalla città.”
*
*
8
*
*
“Per festeggiare con noi adesso,
dopo tanto lavoro svolto in piazza,
che emozione (chi la fede ci ha messo).
Per lo sporco useremo la ramazza,
e il nostro compagno mi dà il permesso
di riferire di un’idea pazza:
a giorni inizierà la costruzione
di una casa della…rivoluzione…”
*
*
9
*
*
“Della casa del popolo che avrà
le strutture sportive e culturali:
palestre, biblioteche chi vorrà
venire ed avere incontri sociali,
la democrazia di più capirà.
Compagni, uniti si abbattono i mali…
compagni, insieme noi abbiamo lottato…
adesso parla il nostro delegato.”
*
*
10
*
*
“Compagni è stata una grande vittoria
contro chi si dice demo…cristiano:
sono contro il popolo, hanno la boria
di avere tutto loro, è disumano.
E le ingiustizie, è scritto nella storia,
causano rivoluzioni: è umano.
Ma vogliamo ridurre la distanza:
l’indispensabile è niente che…avanza.”
*
*
11
*
*
Intanto, lì nella chiesa adiacente
Don Camillo, il parroco, parlava
con il grande crocifisso…paziente
che nelle sfuriate lo ascoltava.
“Gesù, adesso esco e vado dalla gente…
avevo un toro che se si…infuriava…”;
“No, Don Camillo, le ire sono vane:
calma…”;e lui va a suonare le campane.
*
*
12
*
*
Detto da Gesù, ordine da eseguire,
e Don Camillo è su al campanile:
solo suonando sbolliscono le ire,
ma non gli diminuisce la bile:
tira le corde a stordirsi e stordire,
deve dimostrare che non è un vile.
No, non è tipo che subisce un torto,
e suona, suona le campane…a morto.
*
*
13
*
*
Al palco il delegato nel parlare
si ammutolisce e con il braccio alzato
resta sospeso e non sa più che fare;
poi, Peppone riferisce chi è stato,
e allora gli vorrebbero…sparare…
ma, se il colpo fosse stato sbagliato
(le sue doti di mira erano celebrate),
e li avrebbe presi a fucilate.
*
*
14
*
*
Don Camillo, dopo questa…tirata,
prende fiato, maniche rimboccate,
è seduto in pausa meditata…
dalla folla arrivano voci urlate;
la voce dal palco viene irradiata:
“Le nostre strade sono distanziate,
da chi si dichiara essere cristiano,
ma non segue Gesù, è…democristiano.”
*
*
15
*
*
E la vecchia maestra incontra intanto
una giovane ex-alunna e collegiale
che la Corriera riporta dopo tanto,
ed il saluto fra loro è cordiale:
“Sono la Gina Filotti…”, “Dio santo,
eh, nella vita chi scende e chi sale…
qui si trascurano “culture” care:
c’è solo lo “spirito” popolare.”
*
*
16
*
*
La ragazza veste da “figurino”,
e su quel palco addita un ragazzone:
“Signora maestra, ma è Mariolino
quel ragazzo avvolto dal bandierone…”;
“Eh, sì quello è “rosso” fin da bambino,
nientedimeno amici di Peppone…
già, forse parenti, “rossi” speciali,
certo una famiglia di criminali.”
*
*
17
*
*
L’insegnante bigotta, velo in testa,
emette giudizi spicci e pesanti;
ma la ragazza fulminata resta,
e per lei spariscono gli astanti:
c’è solo “lui”, estatica non si desta…
rimane a guardarlo tra tutti quanti.
La maestra imprecazioni borbotta;
la ragazza, non risponde, è già…cotta.
*
*
18
*
*
Ma…di nuovo scampanìo di campane:
più energico e così rumoroso
che Gina si scuote e nelle fiumane
si trova travolta e…spettacoloso…
“lui” è lì e lei gli usa maniere…profane
(quell’esempio è stato pericoloso):
“Con l’ignoranza -dice- andate avanti,
vai con quella banda di briganti.”
*
*
19
*
*
Però lui le risponde infuriato:
“Meglio che pretacci della malora…”,
mentre va via dagli altri trascinato
verso la chiesa e ne arrivano ancora…
ma…sul portone il fiocco…un neonato:
è “Casa Bottazzi” e lui si innamora,
e lo mostra al popolo da lassù:
“Compagni, un altro compagno di più…”
*
*
20
*
*
E, mentre guarda la gente sciamare,
pensa Don Camillo a malintenzionati…
vogliono il campanile circondare…:
“Se siete fedeli sarete amati;
però, Gesù mio, mi devo…armare…”,
ma vede che al balcone sono andati
da dove dei vagiti si sentono;
“Ah, ma sono loro che…aumentano”.
*
*
21
*
*
Difatti c’è stato quel lieto evento
mentre Don Camillo stava suonando;
si sparse la notizia come il vento,
e così camminando, camminando
si radunano sotto in un momento.
ma strano a dirsi, è pure più contento
Don Camillo che suona note liete:
dove c’è gioia non si fanno…diete.
*
*
22
*
*
Sì, da rivali ci sono tensioni,
però alla guerra hanno partecipato
e, addirittura da commilitoni;
ed insieme avevano festeggiato
il ritorno con canti ed effusioni:
l’uno all’altro si trovava abbracciato.
E già da soldati italiani amici;
e borghesi…contrapposti, nemici.
*
*
23
*
*
Ma adesso le corde non tira più,
ha il viso serafico e dolcemente
pare che cerca qualcosa lassù…
è lo scrutare che fa abitualmente
quando parla al crocifisso Gesù;
tace quando la Sua voce sente:
gli dice di non creare tensione,
di ricordare la sua vocazione.
*
*
24
*
*
Già a tutta la gente volergli bene,
senza distinzione di appartenenza
e, invece, quello spiritaccio tiene:
obbedisce con poca diligenza.
Loro sanno che ha il sangue nelle vene:
se succede che perde la pazienza,
e si sente personalmente offeso…
come quando quel fuoco venne acceso.
*
*
25
*
*
Già, un casale diroccato in collina
prese fuoco nel modo misterioso:
nemmeno ci fosse sparsa benzina
divampava nel modo più furioso,
e arrivarono alla rocca vicina,
e ne parlarono in modo ingiurioso:
“Lì non c’è solo puzza di bruciato,
ma di qualcosa che è stato portato.”
*
*
26
*
*
Don Camillo a Peppone gli diceva,
ed il sindaco poi che lo afferrava;
e mentre lì nel frattempo correva
ai primi scoppi la corsa arrestava,
però la rabbia non gli desisteva
nel sentire Peppone che parlava:
“C’è lo scoppio, non vi avessi fermato
un prete così…sarebbe saltato…”.
*
*
27
*
*
“Peppone, non andavo avanti qui,
sapevo del pericolo che c’era;
con l’inventario sapevo così
che avevi una “Santa Barbara” vera:
esplosivi, sette mitraglie lì,
bidoni di benzina…la bufera;
e con un cerino l’ho scatenata:
la “Santa Barbara” infine è saltata.”
*
*
28
*
*
“Certo è saltato in aria in un bel botto-
dice Peppone- fucili, granate,
e casse di munizioni là sotto…
sette mitraglie avete nominate,
ma io ne tenevo, me ne ricordo, otto…
chi l’ha presa…son cose delicate…”.
“L’ho presa io- risponde- e state lontani
dalla chiesa…ne rimarrete sani…”.
*
*
29
*
*
Così l’incontro finì nello scherno,
e lì Peppone si era infuriato
mandandolo Don Camillo all’inferno,
e poi brontolando se ne era andato.
Uno alla vita dell’altro era il perno
senza di cui non avrebbe girato,
e adesso…girava sulle campane:
Peppone era sveglio nottate sane.
*
*
30
*
*
E così una volta quel sagrestano
vede arrivare Peppone al sagrato;
da vecchi amici si danno la mano.
“Da quanto non mi sono confessato-
dice all’amico- adesso, Gaetano,
aspetto il fedele abbia terminato…”.
Poi genuflesso dice una preghiera,
e ritorna a casa verso la sera.
*
*
31
*
*
Gaetano il mattino va a suonare:
tira la corda e un crepitìo rimbomba,
un fuoco e fiamme come a bombardare…
i detriti vanno come se romba;
come in trincea Gaetano appare:
ma non capisce cosa è che incomba…
e Don Camillo: “Questo attacco è vile,
ci stanno bombardando il campanile.”
*
*
32
*
*
“Don Camillo -gli dice il sagrestano-
c’è stato Peppone ieri sera qui,
si è fermato, sembrava un buon cristiano…
che non si confessava da quel dì
mi disse e a una preghiera accennò un brano;
io in sagrestia sono rimasto lì.
“Confessarsi eh, gli dò l’assoluzione…”
gli risponde il prete e prende un bastone.
*
*
33
*
*
“Buttalo via…” è la voce di Gesù,
e lui sorpreso alla tonaca inciampa,
sbatte alla porta e non ce l’ha più;
ma le sue ragioni con Gesù accampa:
“Oh Signore, c’è un battesimo giù,
bene, Peppone il figlio se lo scampa…
nome Lenin? da un’altra parte bussi…
eh, se lo fa battezzare dai russi.”
*
*
34
*
*
Quello sgarbo alla moglie di Peppone,
che pronuncia il nome del comunista,
lo rimprovera Gesù che…propone:
“Deh, questo sacramento sempre assista
i bimbi (in quel “posto” c’è confusione),
al solo pensiero ci si rattrista…
che se fosse cagionevole il bimbo
non si può pensare che vada al Limbo…”
*
*
35
*
*
“Don Camillo, così non devi agire,
che l’allontani anziché avvicinare;
mi costringi sempre ad intervenire:
quella gente devi richiamare…”.
“E va bene, li faccio rivenire…”,
e si trova Peppone a ritornare
con il figliolo neonato in braccio:
non si può dire “un caloroso abbraccio”.
*
*
36
*
*
“Uscirò quando sarà battezzato
con il nome che ho scelto, questo è chiaro…”;
“Di qui il Comune, laggiù è situato,
e rifiutare un sacramento è amaro:
questa è la chiesa, come hai riscontrato…
non voglio fare un atto che mi è…caro.
L’ho promesso, non ti sarò nemico,
nemmeno complice di un bolscevico.”
*
*
37
*
*
Di scatto Peppone il pupo lo posa,
senza giacca, le maniche arrotola;
sfida il curato e si mettono in posa:
dal campanile una corda rotola
fino addosso e si sentono “qualcosa”
strisciare e suonare mentre srotola.
Si prendono a pugni e stanno a boxare:
le campane continuano a suonare.
*
*
38
*
*
Suonano di continuo, a farsi tardi,
quando esausti tutti e due smettono:
Peppone, piegato, non vuole azzardi…
La prima volta l’accordo ammettono,
ed il prete: “Questi per i petardi…”,
poi a parlare del pupo si mettono.
Cosicché Peppone esprime un pensiero:
“Dai, Don Camillo andiamo al battistero…”.
*
*
39
*
*
“Lo avete scelto il nome del bambino?”,
in cotta e stola Don Camillo chiede,
e Peppone è d’accordo col padrino
che è anziano, compassato e mai eccede
(il solo tic è il nipote Mariolino).
“Sì, Libero, Antonio e…Camillo”, cede;
e lui: “Avete fatto un’opera buona,
e se aggiungete Lenin…non funziona.”
*
*
40
*
*
Sotto alla Canonica, lunga, estesa,
c’è per il confine una incannucciata,
e nel territorio viene distesa
quella proprietà che li è rinomata
per fonte di miseria (senza offesa):
casa di Mariolino La Bruciata.
In questo podere brulla è la terra,
e con i vicini c’era la guerra.
*
*
41
*
*
Dall’altra parte tutto rigoglioso:
i campi coltivati producevano,
tutto cresceva, era meraviglioso,
ed i casolari costruivano…
questo era fiele per un invidioso,:
ogni giorno se ne…rifornivano.
Ma ci voleva qualcosa di duro:
e, difatti, costruirono un muro.
*
*
42
*
*
Ma separò Mariolino e la Gina
che potevano vedersi attraverso,
ed era sbocciata una storiellina:
l’uno per l’altra un amore diverso;
e per lui, lei era la sua stellina;
e per lei, lui era tutto l’universo.
Questo amore dall’altra parte stava:
da una crepa l’uno e l’altra sognava.
*
*
43
*
*
Mariolino sull’erpice ad arare,
e spinge nelle zolle con sudore;
si sente di lontano chiamare,
e dal campo corre dal suo amore.
Vedersi e riuscire ad illuminare:
scoppio, tutto all’intorno…di folgore.
Poi,lei sente il padre chiamare: “Ginaaa…”,
e va…la felicità era vicina.
*
*
44
*
*
Simbolo di separazione il muro,
però non divideva dalle liti:
qualsiasi metodo era…sicuro
per azzuffarsi in alterchi insistiti:
ecco, di un piccione non me ne curo…
invece uno sparo…costumi pervertiti.
Comunque, accorre la solerte Gina,
lo prende per la maestra Cristina.
*
*
45
*
*
La maestra, benché un pò scostante,
sovente è aiutata dai paesani
perché la pensione è ancora…vacante,
e loro nutrono principi sani.
A lei la forniscono del mancante,
e li definisce buoni cristiani.
Una decina la vanno a trovare,
ed a loro esita se farli entrare.
*
*
46
*
*
Poi entra l’Assessore Comunale…
circondato da Giunta competente;
lei li accoglie come le è naturale;
scorbutica, perciò poco accogliente:
“Allora, siete la Giunta del male,
i rossi brutta gente, brutta gente.
Ah, lezioni da me, cercate aiuti,
già…subito nei campi, state seduti.”
*
*
47
*
*
“Tu vattene -indica- si, proprio tu,
devi andartene, ancora mi indispone
cosa hai fatto alla scuola laggiù…”;
“Ma signora, lui è il Sindaco Peppone…”;
“Sindaco o no, vattene via, su…”;
“Va bene, non ho giustificazione…”.
Peppone esce e lei a tutti li ammonisce:
“Chi vuole essere asino si punisce.”
*
*
48
*
*
E la “Scoletta” di riparazione
comincia con la maestra più adatta:
e ripassano la coniugazione;
e l’aritmetica, la più esatta;
e subiscono l’interrogazione,
e la maestra non è mai distratta.
Avviene una istruzione generale:
non è solo per riempire un verbale.
*
*
49
*
*
E Peppone che l’aveva ideata,
ne viene estromesso con la rampogna;
beninteso capita ed accettata;
però nel sentirla quanta vergogna:
la sua esigenza veniva rifiutata,
ed era per sempre esposto alla…gogna.
Sì, quella sintassi e la grammatica;
beh, si sentiva un asino in pratica.
*
*
50
*
*
Come veniva in giro sbeffeggiato,
e questo complesso lo tormentava:
non si sentiva proprio preparato
per spiegare quello che…lui provava.
Su questo foglio due righe ha buttato:
lo piegava e leggeva e ripiegava.
Dal tipografo Martini a lezione,
ed era insistita la correzione.
*
*
51
*
*
Martini andava in Canonica spesso,
e quel foglio il Curato lo vedeva,
e Peppone era definito fesso:
la prova era che cosa ci scriveva;
il suo italiano alquanto malmesso
provocava ironia e si rideva.
Di Don Camillo lo slogan girava:
“Peppone è asino”,a scuola si cantava.”
*
*
52
*
*
Don Camillo e Martini ne ridono
nella chiesa per i fedeli chiusa
per le pulizie che troppo “incidono”,
e il prete di pulire da solo usa;
qui “l’argomento” Peppone irridono.
“Però di questo schiamazzo si abusa
dietro Peppone che è un essere umano-
gli dice Gesù- pure lui è un cristiano.”
*
*
53
*
*
“Ieri sera davanti a un manifesto,
alla stampa del Giornale Murale,
hai scarabocchiato,lesto-lesto,
una frase che è un ritornello tale
(di cui nemmeno riferisco il testo),
che a Peppone gli sta facendo male.
Non è andato a scuola, Dio ce ne scampi,
non per gioco, ma a lavorare i campi.”
*
*
54
*
*
“Si -dice Don Camillo- si, sono ignorante,
ho peccato faccio la penitenza;
Gesù, non son stato proprio elegante
con i contadini ma abbi pazienza:
devo essere meno intollerante,
che di questa gente non si fa senza.
Si, rispettarli non è marginale:
faccio parte anch’io di un…centro sociale.”
*
*
55
*
*
Il dialogo procedeva a stento,
e Don Camillo sempre riverente;
Peppone entrava proprio in quel momento
(ne aveva ragioni a stare presente).
“Don Camillo, di tanto me ne pento,
e io ci penso sempre ultimamente:
“devo incontrarmi con il reverendo”,
però non vuol dire che mi arrendo.”
*
*
56
*
*
“Come il lupo delle favole vieni,
Peppone e te ne stai qui all’altare,
ma ne parlavo con…Gesù dei beni
che nel paese si possono trovare…”;
“Si, Don Camillo, se intendi i terreni…
e, però, io mi voglio…confessare”;
“Ah, non ti si vede e non ti si sente….
ma per i “beni” intendevo la gente.”
*
*
57
*
*
Qui i ragazzi lasciano di studiare
nemmeno con le scuole elementari:
vanno precocemente a lavorare..
chi resiste e gli altri per monti e mari
con il bisogno sempre ad emigrare…
e sono denigrati da somari.
Così una rivalsa che è malriposta
li porta all’ignoranza a bella posta.
*
*
58
*
*
Come Peppone nel confessionale
confessa a Don Camillo di aver fatto
l’aggressione finita sul…giornale:
aveva aspettato il prete e di scatto
(col favore di un buio madornale)
riusciva a fare lo spregevole atto:
“Vi ho rotto le uova nel paniere, ero io,
però non come ministro di Dio…”.
*
*
59
*
*
Peppone, si inginocchia tra gli arredi;
Don Camillo si rivolge a Gesù:
“Dio benedetto, una volta concedi
a me di assestargli un colpo di più…
Ah,con le mani no…già con i piedi…”,
e sferra un calcio di dietro, un pò giù.
C’è un tafferuglio subito riposto:
e conciliano Peppone e prevosto.(*)
*
(*) prevosto:parroco
*
60
*
*
Il Sindaco prende un foglio,un verbale
che la Giunta dovrà autorizzare,
e rileva che è scritto proprio male;
Don Camillo lo rifà, ed a variare
un pò scuola, edificio collegiale,
e…campanile da restaurare…
mani fra loro e tutt’è due il viso…
ma così è una Giunta da paradiso.
*
*
61
*
*
E brindano contenti col vinello,
no, la chiesa non crolla, è una fortezza
radicata tra camere e…fornello:
con le case si è mossa con destrezza;
i sacramenti sono quell’anello
con i trapassati e non ci si svezza.
Anche senza fede non c’è niente da fare,
resta la tradizione popolare.
*
*
62
*
*
E Don Camillo diventa birbone,
infila il campanile a riparare,
e nemmeno lo sapeva Peppone
che non si inquieta e lo vuole accettare.
Si cerca di già la compensazione;
si sente giulivo e vuole…”rubare”
al rivale (e se lo fuma) un sigaro
con quell’atteggiamento di un picaro.(*)
*
*
(*) picaro: personaggio che vive
***di trovate ingegnose.
*
*
63
*
*
Già, quello delle ingegnose trovate
che gli provengono dalla cultura
e istruzione oramai consolidate,
e molto prima che avessero cura
di associarsi nelle società fondate
in “Cooperative” con sedi e mura.
“Chiese” contrapposte e divise lì:
a sgomitare ma poi dirsi si.
*
*
64
*
*
E Don Camillo fa le… nuvolette,
giace disteso e sente da Gesù:
“Non sono queste strategie perfette:
devi esser chiaro…non lo fare più…”;
“Va bene Redentore, lui permette,
ne aveva due e uno lo fumo quaggiù;
e d’altronde sono delicatezze:
lui è per suddividere le ricchezze.”
*
*
65
*
*
Don Camillo può tornare a sognare
e lì in santa pace così sdraiato
gli riesce bene di meditare
sul progetto della “Casa” sbagliato.
Già, i soldi non si possono scavare,
mentre il suo campetto era preparato…
Già, il progetto della “Città Giardino”:
giocare al football, un dono divino.
*
*
66
*
*
Ecco, non si può essere scalmanati,
così, adesso, è il momento della siesta;
e con tutti i movimenti rispettati,
ed anche con un tovagliolo in testa:
uno dei “sacramenti” più officiati:
una vera manna, una vera festa…
E’ come stare su una nuvoletta…
ma al cancello sbatte una bicicletta.
*
*
67
*
*
E’ il “corriere” del Sindaco Peppone
che gli rompe il sogno di soprassalto:
arriva di botto come un ciclone…
con voce niente affatto da contralto
annuncia quella manifestazione:
“E’ invitato lei, per dare risalto,
a benedire come un’opera pia
questa festa della democrazia…”
*
*
68
*
*
“Prenda secchio e pennello e in uniforme…
tutti vi aspettano al comprensorio…
ci sarà partecipazione enorme…”.
Pensava il prete un effetto illusorio
dire un termine sacro così…abnorme
in questo dissennato parlatorio.
D’istinto a sentire “secchio, pennello”
tira qualcosa e colpisce il cancello.
*
*
69
*
*
No, non è un gesto elegante e distinto,
ma rimane sorpreso da se stesso
che, almeno nella storia ha sempre vinto…
deve ammettere è una lingua di gesso.
Il termine sacro non ha convinto,
mai è stato usato e nemmeno adesso:
termine “aspersorio” chi lo usa più,
e rimaniamo stranieri quaggiù…
*
*
70
*
*
Ecco Don Camillo che elucubrava
su quella sdraio, avulso dal contesto:
era una lingua che non si parlava
quella liturgica scritta sul testo;
costituiva una muraglia e parava
la comprensione da mettere in sesto.
Niente, non la si sentiva parlare,
e la gente riusciva a distaccare…
*
*
71
*
*
Don Camillo, autocritica faceva,
e lui era di estrazione popolana;
così se avesse potuto conviveva
semplicemente con l’idea cristiana.
Ma pure la differenza esisteva,
ed il distacco così si…promana.
Parliamo di vocaboli italiani…
ma nel latino sono…disumani…
*
*
72
*
*
Cerimonia a carattere sociale…
già, la prima pietra da benedire;
brividi dalla Banda musicale;
bambini giocano senza obbedire,
che alla festa qualunque gioco vale;
qualche parola da tutti a sentire;
e la “Casa del Popolo” aspergere
con aspersorio e brocca da reggere.
*
*
73
*
*
Così, difatti, avviene proprio questo:
lui indossa la veste di lino bianca,
e la stola al collo…solenne è il gesto;
e la funzione in latino non manca:
benedice la prima pietra e il resto;
di tenergli la mano non si stanca
Peppone con gli altri insieme benedetti:
la brocca è contesa dai chierichetti.
*
*
74
*
*
Mentre nasconde il suo malumore
Don Camillo (che rimane severo),
in mezzo ai canti, alla gioia, al rumore:
è turbato che i conti stanno a…zero.
“Il nostro parroco ci fa l’onore…”;
“Sì, ne sono riconoscente e fiero…”.
Qui c’è investito qualche milioncino…
un pio desiderio è “Città Giardino…”.
*
*
75
*
*
Dopo una notte insonne, la mattina,
Don Camillo parlando fra di sé…
esce di Canonica con la brina,
a cercare Peppone (sa che c’è),
perché va mattiniero in officina,
e sotto di un auto supino è.
L’auto con le…scarpe che svettano,
e se le scalci una voce emettono.
*
*
76
*
*
Già, è quella di Peppone che ripara
un’automobile e da sotto lì
fa capire che è una visita amara:
“Ma, insomma, Don Camillo, pure qui…”;
quel parlare di quanto poco chiara
la provenienza dei soldi intuì.
Peppone assillato prima lo elude,
poi contrattacca con tono rude.
*
*
77
*
*
“Devi lasciare in pace chi lavora…”;
“Visto che la notte porta consiglio,
a notte la fantasia si indora:
è diventata “Casa del Coniglio”
la “Casa del Popolo” da dimora:
dal nonno, al genitore, al figlio-
dice d’un fiato Don Camillo, svelto-
un tesoro avete, che…avete scelto.”
*
*
78
*
*
“Cosa vi succede, siete svanito…”,
Peppone gli replica brontolando;
ma Don Camillo inveisce è…partito:
“Ricordi quel camion che, catturando
il bottino di guerra, poi è sparito…
già, dov’è finito”, gli dice urlando.
Peppone: ” Volete disonorare…”;
Don Camillo: ” Dovete ricordare…”.
*
*
79
*
*
Così, qui si fronteggiano a scena muta:
il prete, con la berretta tri-corno,
impettito con l’espressione astuta
che in flagranza sorprende,in pieno giorno,
il sindaco…fuori servizio, in tuta.
Peppone si guarda smarrito intorno,
poi sente il prete che dice piano:
“Ricorda, Peppone…”, e gli dà la mano.
*
*
80
*
*
Una mano ironica, vuol dire:
“Bravo, hai fatto bene, complimenti”,
e, Peppone ne copia quell’agire:
protende la sua e lui, a tutti denti,
lo vede sottomesso ad eseguire.
Poi il sacerdote dice: “Accidenti,
hai questa memoria da curare:
solo così potrai ricordare…”.
*
*
81
*
*
Si dice “la notte porta consiglio”,
ed eccolo pimpante… consigliato;
che ormai Peppone non aveva appiglio:
il pentolone era stato scoperchiato.
Don Camillo è lì, senza batter ciglio,
ed aspetta come sempre ha aspettato.
Peppone al locale di sagrestia
vede una scena tutt’altro che pia.
*
*
82
*
*
Entra in…paranza con due assessori,
e pensa che di locale si sbaglia:
è Don Camillo oppure un…buttafuori:
sigaro fumante, mano a tenaglia,
giornale disteso al tavolo e fuori;
c’è un’obiezione e spunta una…mitraglia.
Quegli assessori fanno scena muta,
Don Camillo vuole che si discuta.
*
*
83
*
*
Già, quel tesoro del camion è intatto,
ma parte di quello, solo un pochino
“deve essere per i ragazzi”, esatto,
nella mappa della “Città Giardino”:
“Siamo d’accordo, questo il nostro patto”;
tutto finisce a tarallucci e vino.
La mitraglia vien messa nel cassetto
e, certamente, ha fatto un bell’effetto.
*
*
84
*
*
Don Camillo inaugura così
quella “Città Giardino” col cantiere,
che con la “Casa del Popolo” lì
dà lavoro ad autentiche schiere
di lavoratori occupati qui…
Però di miseria ce n’è da vedere:
per cercare la causa del male
si convoca il Consiglio Comunale.
*
*
85
*
*
“Il Consiglio visti i motivi seri:
miseria per la disoccupazione,
convoca qui i proprietari terrieri
perché ce n’è lavoro a profusione,
e nei ponti ed in canali interi;
ma senza soldi c’è l’emigrazione.
Questa categoria convocata:
eccola, qui, nell’aula affollata.
*
*
86
*
*
Ed interviene il sindaco Peppone:
“Ci sarebbero ponti, irrigazioni,
e contro questa disoccupazione
parliamo dei rimedi con riunioni;
di vivere c’è preoccupazione.
“Uno”…dulcis in fundo, dice; i doni…(*)
si fa per dire…tasse da elevare…”;
qui iniziò l’aula a rumoreggiare.
*
(*)”Uno”…:Don Camillo
*
*
87
*
*
“Il lavoro ci sarebbe, signori…”,
col tono in crescendo si fa capire
il sindaco che qui sente dei cori:
“Già, sempre alle tasse andiamo a finire…
per noi non c’è tregua…. sempre dolori…”,
i “terrieri” son pronti a reagire.
“Ah -dice Peppone- son pericoli…
da oggi c’è sciopero degli “agricoli”…”.
*
*
88
*
*
Quei picchetti degli scioperanti
impediscono di mungere e foraggiare
i bovini che muggiscono…urlanti:
di già, con tre giorni, senza mangiare
si sentono a chilometri distanti;
senza mungere il latte è…torturare.
Ma, insomma, si sentono tutti male,
anche gli uomini insieme all’animale.
*
*
89
*
*
E, già, un uomo col viso da bambino
lo sta dicendo alla Gina Filotti,
fa parte del picchetto, è Mariolino,
che insieme a tanti altri ragazzotti
fa il servizio a controllare vicino
a quelle fattorie, giorni e notti.
La Gina lo rimprovera, adirata,
ma ne sente la difesa accorata.
*
*
90
*
*
Lui, fucile a tracolla, innamorato…
la guarda come fosse…apparizione;
al caratterino era abituato,
e adesso si sente questa lezione:
“Guarda Mario, che avete causato;
vado a mungere le vacche… benone…
(lui la guarda serafico…la sogna),
hanno le mammelle dure, vergogna…”.
*
*
91
*
*
“Gina…-fra sé come un trasalire-
Gina…il picchetto non ti fa entrare…
Gina…qui la gente sta per morire…
Gina…chi può se ne vuole andare…
Gina…non lo vorrei consentire…
Gina…neonati non possono mangiare…”.
Dai muggiti quello strazio si sente…
Gina guarda Mario teneramente.
*
*
92
*
*
“Ci sarà dove esistere senza odiarsi-
dice Gina a Mario che si accosta-
qui nel mondo è difficile anche amarsi…”;
e Mario pensoso, dopo una sosta,
le risponde trasognato: “Può darsi,
ma nel male si cerca affetto apposta…”.
Nell’estasi, in trance ne sono avvinti,
nello sguardo…occhi dell’altro dipinti.
*
*
93
*
*
Sì, sono tutti e due imbambolati,
ma negli occhi di Mario…una figura…
cammina ed i picchetti l’ha saltati:
va alle stalle con incerta andatura;
è il vaccaro e gli attrezzi l’ha portati
per far nascere un vitello con cura.
Però, Mario non vuole e l’ha bloccato:
esegue quello che agli altri ha giurato.
*
*
94
*
*
Certo l’ha bloccato passivamente,
come se avesse messo un muricciolo
(la Gina ormai è nella sua mente),
ed a sé stesso non pensa più solo;
ma anche agli…animali; naturalmente
la Gina nella sua mente è un piolo.
Impedisce con azione passiva,
se l’amore fa questo evviva, evviva.
*
*
95
*
*
Nella casa del Curato c’è tensione,
con il personale anziano in fermento:
di bocca in bocca apprendono una azione
e, quando l’hanno commentata in cento,
cambia del tutto quella esposizione;
e quando arriva è senza fondamento.
Si dà una versione che è un’altra cosa:
nel prete ravviva la bega annosa.
*
*
96
*
*
Don Camillo, quelle donne le ascolta,
freme nel sentirgliela riferire
la storia che si racconta ogni volta:
“L’uva nei campi sta tutta a marcire…”;
“E si dice che la gente è sconvolta…”;
“Da mio marito ho sentito dire…
che dalla città verranno gli amici,
per i picchetti, con mitragliatrici…”.
*
*
97
*
*
Don Camillo, sempre più corrucciato,
brontola e gira con le mani in tasca,
va avanti e dietro, via via, disgustato,
e sembra che il mondo addosso gli casca.
Poi un altro racconto l’ha esasperato
(ma qualcuno avrà bevuto una fiasca,
e sarà stato ubriaco di vino)
sentire che sparava…Mariolino.
*
*
98
*
*
“Ma, Gesù mio, c’è un limite a tutto-
Don Camillo adirato, esplode d’ira-
eh no, non c’è rispetto, anche io lo butto:
mi si dice che ho una buona mira…
però non la devo mettere a frutto…
che solo di far paura mi attira.”
Poi prende il fucile e lo carica:
ma no, non spara, non si rammarica.
*
*
*
99
*
*
“Gesù perdono, abbiate pietà,
egoisti sono anche i proprietari;
non capiscono le necessità
di gente, imparentata o familiari,
che vanno in altri paesi o città;
o addirittura attraversano i mari.”
E Don Camillo col fucile in…resta,
esce di casa e va, non si arresta.
*
*
100
*
*
Berretta tri-corno, abito talare
a sera non si distingue per niente;
ma laggiù una folta ronda compare
alle luci di una stalla e si sente
muggire di dolore a quanto pare,
e va risoluto, non se ne pente.
Infila un cunicolo di un capannone,
lì, che fa avanti e dietro, c’è Peppone.
*
*
101
*
*
“Oh Gesù -dice- non mi far pestare,
questi fanno la ronda da soldati.
Peppone cammina, sembra marciare;
beh, questa volta l’ha tutti inquadrati…
ecco, si allontana, posso scappare…
lo scalpiccio è coperto sui prati…”.
“Chi va là, rispondete o sparo, beh…”;
“Stai attento perché sparo anch’io,eh…”.
*
*
102
*
*
Ecco, armati Don Camillo e Peppone
si fronteggiano fuori delle stalle;
qui c’è semibuio e c’è la tensione,
le vacche hanno fame e ci sono balle.
I muggiti escono…dal capannone,
e si disperdono giù nella valle.
“Ci siete anche voi, mi sembra strano…”,
urla Peppone, ma si sente piano.
*
*
103
*
*
“Ti piace questa musica -urla il prete-
via le vacche, disoccupati in più;
e se non mi aiutate mi vedrete
entrare nel capannone laggiù;
e potete venire quanti siete
a vedere che mi aiuta Gesù…”
“Oh, rimanete qui, altrimenti sparo…”;
“Eseguo gli ordini di Gesù, caro…”.
*
*
104
*
*
“Guarda che ti riduco uno scolabrodo…”,
insiste Peppone col prete, invano;
e Don Camillo usa l’unico modo
per costringerlo e per dargli una mano.
Irrompe dalla porta, proprio ammodo,
e Peppone è trascinato lontano.
“Bisogna mungere, poi dare il fieno,
qui ci sono cinquanta mucche almeno.”
*
*
105
*
*
Di quel paese la più grande stalla
impegna i due a conficcare forconi,
e sciolgono fino all’ultima balla.
Diminuisce il trepestio di suoni
quando sgonfiano, così a mò di palla,
mungendo a fondo, quei mammelloni.
E adesso il fieno che le rifocilla,
nella stalla c’è…effetto camomilla.
*
*
106
*
*
In quella grande stalla, in quel paese
cala il silenzio,sembra notte è…giorno,
ed è qui che cominciano le attese
per poter uscire perché, lì intorno,
c’é un via-vai delle ronde più accese,
e c’è da aspettare il momento…attorno.
Si mangia e gioca e un’orazione pia…
col favore delle tenebre e…via.
*
*
107
*
*
Lo sciopero, come una tramontana,
i coltivatori aveva spazzato,
però, finito qui, in Bassa Padana
qualcuno con i buoi c’è tornato.
Da un camion…una canzone lontana,
l'”Avanti Popolo” viene cantato.
Dice: “Avanti Popolo alla riscossa…-
e- bandiera rossa, bandiera rossa…”.
*
*
108
*
*
Il camion è vicino, il coro è qua,
i “rinforzi” adesso sono arrivati…
“…bandiera rossa la trionferà…”
la cantano a squarciagola e…stonati,
“viva il comunismo e la libertà…”
a decine ormai disoccupati.
In un’osteria sotto il porticato,
la loro invasione ha tutto occupato.
*
*
109
*
*
Eccoli, al collo un fazzoletto rosso,
e fanno schiamazzo, sono contenti,
ma adesso ridono a più non posso:
passa una bicicletta a…centoventi;
ritorna dietro un prete molto scosso;
peggio del ciclone dei quattro venti.
Scende e le maniche se le rimbocca,
poi nella mischia a chi tocca, tocca.
*
*
110
*
*
E’ lui, Don Camillo, ma che cavolo,
e dà pugni come benedizioni;
poi nel mucchio alza un tavolo,
ma qualcosa di grosse dimensioni:
venti per terra con un colpo solo.
I “rinforzi” in pessime condizioni
si trascinano, si sentono male,
al centro del paese all’ospedale.
*
*
111
*
*
Così Peppone e Giunta al Vescovato
chiedono del vescovo e di sentirli
per ciò che il prete aveva combinato.
“L’ha presi tutti a botte da riempirli-
dice Peppone- e chi è ricoverato…”;
“Ma -dice il vescovo- posso capirli…
anche cinquanta?”;”Un tavolo ha tirato…
eccellenza, lei lo deve ammonire,
e faccia in modo di farsi sentire…”
*
*112
*
*
“D’accordo, figli miei…” e si avvicina
un prete filiforme e trasparente:
parla dietro la mano, con vocina,
qualcosa che all’intorno non si sente,
e prima di congedarsi si inchina.
Al vescovo adesso gli viene in mente,
e con la mano in fronte lo propone:
“Qui c’è Don Pietro…sindaco Peppone.”
*
*
113
*
*
“Quella mezza porzione no, no, no…
ma quello lì è un pretino da Oratorio.
Don Camillo cambiare non si può,
non alza solamente…l’ostensorio;
qui chi si fa rispettare ci vuol:
questo paese non è un dormitorio.
Eccellenza, lo richiami al suo posto…”;
“Figli miei, si ed è il vostro prevosto.”
*
*
114
*
*
Subito dopo il vescovo riceve
Don Camillo, da prete lottatore,
ed una dimostrazione la deve:
sì, far vedere che lo è lanciatore.
“Si dice qualcosa che non si…beve-
dice il vescovo- e sono un ammiratore
se dimostri la forza eccezionale
che ti ha fatto finire sul giornale.”
*
*
115
*
*
“Io pedalavo di corsa, eccellenza,
e i comunisti gridavano appresso
dal porticato…ho perso la pazienza:
vero, sono un prete ma non di gesso…”.
Il cappello in segno di deferenza
se lo rigira fra le mani adesso.
Pentito della maniera che tenne,
ne chiede l’assoluzione solenne.
*
*
116
*
*
“Ecco, eccellenza, come questa panca…
“No -dice il vescovo- è troppo pesante,
a questi mobili antichi si affianca…
però sarà anche un esempio calzante
se riuscirai a smuoverla, ti sfianca…”,
e Don Camillo con presa…allarmante
la solleva in aria e rimane così:
e l’eccellenza è senza voce lì.
*
*
117
*
*
“E’ incredibile, caro reverendo,
che peso madornale hai sollevato,
e poi ho letto del lancio tremendo
che sui comunisti è…capitato.
E, adesso, buttala, ti sembra orrendo…
devo dire di aver verificato.
E Don Camillo sgrana gli occhi in giro,
prende la mira: è verso il muro il tiro.
*
*
118
*
*
Si diffonde il fracasso nel locale:
accorrono Don Pietro e il campanaro,
e quella tavola è ridotta male;
per il quadro non c’è stato riparo:
preso in pieno dal tiro madornale.
“Scusatemi, Don Camillo mi è caro…
certo un pochino villano lo sono,
ero inquieto con lui, ma lo perdono.”
*
*
119
*
*
Don Pietro e il campanaro indietreggiano,
del vescovo inquieto, meravigliati,
ma così meravigliati che…ondeggiano.
Ci sono pezzi del quadro sfasciati,
e quella tela i pezzi la scheggiano
che a decine ne sono conficcati.
“Sì, sono stato io e contrito ne sono-
dice il vescovo- Dio, chiedo perdono.”
*
*
120
*
*
E qui Don Camillo gli fa l’inchino,
così con ossequio si accomiata
con l’intesa che la “Città Giardino”
abbia una benedizione elevata,
che sia importante per ogni bambino:
c’è l’accordo, a giorni verrà fondata.
Intanto va… dall’amico Peppone
a quella “Casa” che sta in costruzione.
*
*
121
*
*
Erigenda “Casa del Popolo” è
il cantiere aperto, ma i muratori…
Già, poco fermento là dentro c’è:
“Sembra che vanno a rilento i lavori…”,
dice Don Camillo; “Lo so da me…”
dice Peppone e profonde sudori.
Poi viene invitato alla processione,
che del fiume c’è la benedizione.
*
*
122
*
*
“Si -dice Peppone- con la bandiera
della Sezione del nostro Partito:
è rossa…si dice rosso di sera…”;
“No -risponde il prete,alzando il dito-
la funzione è religiosa…si spera,
non c’è altro modo, non si è mai sentito.
O vieni senza o ne rimani fuori…”;
“Ecco, che ne faccio dei dittatori…”,
*
*
123
*
*
Gli risponde Peppone che è alterato,
il foglio del cantiere ne getta via
dopo averlo bene appallottolato.
“Benedetto figliolo, non è la via –
dice Don Camillo- avete gettato
la mappa, e quando finite…cosi sia”
E raccoglie la carta e gliela dà…
Peppone, sempre inquieto, se ne va.
*
*
124
*
*
Quel giorno la chiesa non è affollata:
la gente è solamente quella lì
perché in paese è stata minacciata;
e, no, non si presentano così…
di già si sente qualche fucilata…
“No, non ci rimane nessuno qui,
tornate a casa -dice ai chierichetti-
vedete come ci fanno i dispetti…”
*
*
125
*
*
Don Camillo indossa la cotta e stola
quando da Gesù si sente invitare:
“Don Camillo c’è una soluzione sola:
dai Don Camillo possiamo andare.
C’è bel tempo, fino al fiume si vola,
e i nostri saluti andiamo a portare.”
“Però, Gesù, pesa…fino alla foce”;
“Io l’ho portata sul colle la croce”.
*
*
126
*
*
Sul sagrato il crocifisso compare,
e dal parroco viene sollevato.
La strada, antistante la chiesa, appare
del tutto deserta…un cane è restato.
“C’era un cane…”, dice Gesù a scherzare,
poi entrano in paese ma è svuotato.
Già, sono tutti fuori ad aspettarlo…
con quali intenzioni è da dimostrarlo.
*
*
127
*
*
Come siepe umana aspettano lì,
e con quell’atteggiamento insolente:
falde sugli occhi, calate così;
mani sui fianchi, lo sguardo sfottente,
come a dire “insomma, non passi qui…”;
il più sereno è Gesù…sofferente.
“Gesù state saldo, qui son legati:
è una mischia, uno all’altro appiccicati.”
*
*
128
*
*
Ma Peppone è davanti, d’avamposto:
fazzoletto rosso; le mani in tasca;
posizione di difesa a ogni costo;
gambe divaricate mai non si…casca,
che è spalleggiato da ogni tipo tosto,
e sta li fermo, altro che palo in frasca.
Don Camillo fa il gesto di lanciarsi,
ma ci pensa ed è costretto a fermarsi.
*
*
129
*
*
Qui, Peppone si mette di traverso,
e dice: “Mi scanso per Lui…”;”Che bello-
fa Don Camillo- il Dio dell’universo
ti chiede di toglierti quel cappello…”,
ed arriva all’argine, non si è perso.
“So perchè hanno ignorato questo appello:
qui mancano le famiglie e i bambini,
che voialtri avete fatto i cretini.”
*
*
130
*
*
Sfida quelli coi foulard al collo,
si, i sempre odiati fazzoletti rossi,
augurando al comune il tracollo;
ma (qui rimangono tutti commossi),
le case no, quello…scavezzacollo
del sindaco e la giunta nei…fossi.
Per i buoni lunga prosperità:
“Gesù proteggili dalle avversità.”
*
*
131
*
*
Si fanno tutti il segno della croce
dopo la tremenda predicazione,
e sono rimasti li sulla foce
a seguire del prete la funzione
che celebra solenne e ad alta voce.
Qui, per ingraziarsi il fiume, da Peppone
agli altri, sono come ipnotizzati…
e dalla superstizione bloccati.
*
*
132
*
*
E l’avversità era l’inondazione
che abbastanza ricorrente avveniva.
Dell’ultima c’era ancora impressione:
si portò via la cappella votiva,
ed il sagrestano che era in missione.
Per questo la processione serviva;
c’era anche un particolare affettivo:
nonno della maestra…ed è votivo.
*
*
133
*
*
Così la maestra alla ricorrenza
si reca al Po col mazzolin di fiori
preso all’orto, con la propria semenza,
a raccogliere in bouquet i migliori.
Ecco, all’argine del Po, con pazienza:
sosta fra quegli anfratti lì di fuori,
poi, sempre sostenuta dal bastoncino,
getta il mazzo nelle acque lì vicino.
*
*
134
*
*
E sul greto del fiume, proprio lì,
ci sono insieme Mariolino e Gina
che programmano il destino così:
“Da maestra sarai la mia sposina…”;
“Mario, io sogno di dirti di si…”;
ma è imbronciata che al diploma è vicina,
e ancora stanno insieme di nascosto:
già, non si può dire che tutto è a posto.
*
*
135
*
*
I Filotti, di ceto… “proprietari”,
pensano per Gina ad un buon partito,
e Mariolino che non gli è alla pari,
nella loro casa non è esistito.
Gina è della classe degli agrari
ed il padre vuole essere ubbidito.
“Se -dice Mario- ti chiude in convento,
brucio il…convento e ne sarò contento.”
*
*
136
*
*
“Bravissimo, è il sistema giusto
per accomodare tutte le cose –
dice la maestra, lì a mezzo busto-
di stupidità ne hai una gran dose,
e certe cose le dici di gusto…”.
Più svelta e di maniere più briose
dei due giovani innamorati;
e irride lui e i calzoncini indossati.
*
*
137
*
*
“E già -dice Mario- c’è la partita,
come ci tiene il sindaco Peppone..
se arrivo tardi per me è finita,
e mi darà pure qualche ceffone:
“Dinamo”, la migliore qui esistita,
e la “Gagliarda” del prete sbruffone…”,
e corre e salta sulla bicicletta,
poi pedala via in tutta fretta.
*
*
138
*
*
Per la Gina “l’angelo” se ne è andato,
e la maestra, che è molto “sottile”,
gli promette che avrebbe accomodato
con le famiglie e quell’aria ostile
nei familiari avrebbe cancellato,
prima che a Mario scoppiasse la bile.
La Gina sa qual’è il suo ascendente:
è sulle nuvole letteralmente.
*
*
139
*
*
Intanto Mario arriva come un lampo,
senza di lui sta quasi cominciando,
e sugli spalti (tutto il paese al campo),
quelle tifoserie stanno urlando.
Peppone, lo spoglia e: “Di rabbia avvampo,
ci tengo troppo…a casa non ti mando…
Questa cosa vuoi che sia finita…
si… vinci da solo…questa partita.”
*
*
140
*
*
E spogliatoio di elettricità
che Peppone trasmette ai calciatori:
“Se non vincete, non tornate qua…”;
ed urla belluine caccia fuori,
e nessuno più si muove di là,
e dagli spalti si sentono i cori.
Tutti, lo sguardo chinato in terra,
escono di li per andare in…guerra.
*
*
141
*
*
Invece, nel locale contrapposto,
c’è Don Camillo che sta indaffarato
a dargli un equilibrio composto:
“Bene, l’avversario va rispettato,
però dovete vincere a ogni costo;
finora a pedate non vi ho toccato.
Beh, grinta, la tecnica è dimostrata,
e la coppa può essere conquistata.”
*
*
142
*
*
Ed in mezzo al tripudio della gente
entrano sul campo in file affiancate;
e, poi, senza guardarsi per niente,
le norme solite vengono ascoltate.
Mario guarda che Gina è sempre assente,
e “non c’è” nelle iniziali giocate.
Comunque, quando arriva di li a poco,
diventa una furia che accende il “fuoco”.
*
*
143
*
*
Gioca da solo contro gli avversari,
e così fa a meno del collettivo;
come se fossero dei centenari
li scarta, sembra l’unico che è vivo:
corner, tunnel e dribbling dei più vari…
entra in porta solo, esulta giulivo;
e su rigore il goal della svolta:
la Dinamo vince ancora una volta.
*
*
144
*
*
La gente esulta, la più popolare,
e i foulard rossi stanno sventolando;
ancora Peppone può festeggiare,
ma in campo l’arbitro stanno cercando:
lo rincorrono, lo vogliono picchiare.
Lui ripara in chiesa che sta tremando,
mentre Don Camillo a Gesù confida
la rabbia per…l’arbitro della sfida.
*
*
145
*
*
“Gesù, perché non mi avete aiutato…”,
“E perché avrei dovuto aiutarti:
di decine di gambe si è trattato;
è sulle anime che posso parlarti…”.
Fuori di chiesa l’arbitro è cercato:
“Vieni fuori, vogliamo accarezzarti…”.
Dopo, al portone i cardini saltati,
tutti i tifosi in chiesa sono entrati.
*
*
146
*
*
Don Camillo, furibondo, li affronta:
un enorme candelabro brandisce,
e mentre li sgrida più se ne adonta,
tant’è che impauriti li “impedisce”
di muoversi ed, insomma, li sormonta…
e mentre arretrano ancora inveisce:
“Siete sacrileghi, tornate indietro,
siete figli a Satana, vade retro…”.
*
*
147
*
*
Siede al bancone l’arbitro, fasciato,
e Don Camillo lo prende al bavero:
“E adesso di, Peppone cosa ti ha dato,
ti ha pagato Peppone, dimmi è vero…”.
Risponde l’arbitro : “Si, mi ha pagato…”;
“Ah, ti ha pagato per intero…”.
Dietro lo prende per la collottola,
e poi lo strattona e “sballottola”.
*
*
148
*
*
“Eh, chi ha pagato di più è favorito-
gli ricorda Gesù- è la tradizione?
Dovunque si gioca ne diviene un rito…”.
“Oh, Gesù questa è un’indiscrezione,
ma non posso negarlo, anch’io ho insistito
in questo vizio a creare confusione…
ma chiedo la rivincita -e appoggia il cero-
e sarà una vittoria: cinque a zero”.
*
*
149
*
*
Adesso il vecchio Filotti l’aspetta
per parlare di Gina in confidenza.
La riunione è familiare e s’affretta
che è molto affettuosa la conoscenza:
più che amicizia è parentela stretta.
Adesso è inquieto e pieno d’impazienza,
perché si è capito, malgrado il…divario,
si è fidanzata a La Bruciata Mario.”
*
*
150
*
*
E Don Camillo arriva trafelato,
ma qui c’è un’adunata generale
di tutti i parenti che hanno chiamato,
e la Gina… qui sembra un tribunale.
Scuse del nonno al disagio arrecato:
“La vostra assistenza spirituale
farà ottenere consensi…divini:
ma ci si può mischiare ai contadini?”
*
*
151
*
*
“Da quanto dura…” gli dice sprezzante
il nonno a Gina che viene accusata;
“Già -gli risponde- non erano tante
le occasioni ed un’idea è bastata:
un buco al muro, è bastato un istante,
e quella la nostra finestra è stata…”;
“Buco nel muro…gli do una lezione;
un buco nel muro…ma che mascalzone…”.
*
*
152
*
*
E Don Camillo interviene così:
“Ma chi è che da mascalzone trattate;
mascalzoni non ce ne sono qui…”;
“Già, è Mario, ma quante ne ha combinate:
tuo padre si rivolterà…lì…
malgrado le cose che ti ho insegnate…”.
E qui il prete a sentire…Mario, scatta
come un fulmine che un’antenna abbatta…”
*
*
153
*
*
“Quell’anticristo -dice- La Bruciata,
e già quello lì, uno “scavezza…fossi”;
beh, la partita ce l’ha rovinata…;
e il nonno: “Ah, stai con uno dei rossi…”;
“Rosso o no,lui mi ha sempre rispettata…”;
prende una sberla…rimangono scossi.
“No -dice il parroco- non è decente,
con gli schiaffi non si risolve niente.”
*
*
154
*
*
“Mario non è un mascalzone però –
prosegue Don Camillo infervorato –
e comunque hanno bisogno e voi…no”;
“E’lui il portabandiera più arrabbiato…”;
“Ma siete voi a non aiutarli un pò…”.
Dopo lo scambio così concitato,
caccia Don Camillo con ira e spregio,
e a Gina promette che andrà in collegio.
*
*
155
*
*
Il vecchio Filotti è iroso, si sa,
di chi sta male non gli importa un…fico;
un dialogo sociale non lo fa,
e pensa a se, si guarda…l’ombelico.
“Anche la maestra Cristina, qua,
mi disse che lei è un prete bolscevico…”.
Questo ai parenti oramai lo ripete:
inveisce contro la Gina e il prete.
*
*
156
*
*
Mario, senza la Gina è disperato,
gira dappertutto alla parentela
e, poi, da un’idea è folgorato:
la maestra sa, chissà se lo svela,
perché è smarrita non se n’è parlato;
in paese è un segreto, non trapela.
Arriva in un momento che al portone
vede entrare Don Camillo e Peppone.
*
*
157
*
*
E sotto casa c’è l’assembramento
di quella gente che è preoccupata
della “leggenda” dell’insegnamento:
la maestra Cristina è infortunata.
Per la maestra è il più brutto momento,
che teme l’ora sua sia arrivata.
Li perdona tutti e due, magnanima:
nel parlare a loro, si rianima.
*
*
158
*
*
“Cerimonia…più semplice… che c’è…
la musica… non è una… cosa seria…
senza fiori…la bandiera… del re…
niente carro è un insulto alla miseria…
i miei… libri…te li lascio a…te…
Peppone…ripassi… qualche materia…
e la Gina e Mario…visti gli andazzi…
chi mai ci penserà a questi ragazzi…”.
*
*
159
*
*
Poi, la maestra il capo reclina,
e il suo spirito vola lassù.
Prete e sindaco alla Giunta vicina
(visti gli anni che non si vede più)
chiedono una pesante…dispensina
per la bandiera reale quaggiù…
Una cosa che risulta impossibile,
ma, con la maggioranza, è possibile.
*
*
160
*
*
La seduta di Giunta, il giorno stesso,
avviene nell’Aula Consiliare
(così gremita non capita spesso),
l’interpellanza fa recriminare
sullo stemma monarchico anche adesso:
c’è l’indignazione e niente da fare.
Tutti i consiglieri hanno parlato:
tutti quanti insieme fanno quadrato.
*
*
161
*
*
Dulcis in fundo, conclude Peppone:
“Il parere democratico sento,
dove però c’è molta confusione.
Ai funerali crederanno a stento
che lo stemma ha l’autorizzazione…
non dovevo farlo ma non mi pento:
alla maestra si deve l’onore,
ma per i re non batte il nostro cuore.”
*
*
162
*
*
E’ tutto il paese mobilitato:
la maestra era anche spigolosa;
però da lei tutti qui hanno imparato,
e con ciascuno è stata giudiziosa.
Così imbronciata…chiunque ha aiutato:
era una “cattiva”…meravigliosa.
Muore l’anziano ed è tutto normale,
per lei piangono tutti al funerale.
*
*
163
*
*
E Mario, tra gli altri, porta la bara:
con la mano cela la commozione;
spesso un rabbuffo ma quant’era cara
che li teneva sotto protezione:
“Devi farti rispettare ed impara:
la cultura te la dà l’istruzione,
e se vuoi rispettare gli altri, studia;
è importante e nessuno ti…ripudia.”
*
*
164
*
*
*
Anche Gina fra aneddoti e gesti
è tra mille persone di là dietro:
“…che tu mi meni là dov’or dicesti,(*)
si ch’io vegga la porta di San Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti…”.
Dante citava, se gli stavi a un metro,
e:”Voglio questa “guida”, anche se rinasco…
Padre a tutti noi il Ghibellin fuggiasco.”
*
*
(*) DANTE-DIVINA COMMEDIA
****Inferno canto I° -versi 133/135
*
*
165
*
*
Nel pensiero di “lei” viene filtrato
di Mario e Gina, ogni movimento:
prima non ci avrebbero pensato,
li guidava in qualsiasi momento.
Ora cresce amore per l’altro amato…
di qualche libro letto c’è il commento.
E lo capiscono cosa hanno dentro:
vedono meglio all’interno ed al centro.
*
*
166
*
*
Amore consapevole è sbocciato
cosicché ormai si sentono maturi;
però schermaglie vede il vicinato,
ma il loro amore scavalca anche i muri.
E,infatti,il muretto hanno scavalcato:
vogliono i loro diritti…da puri.
Dal prete, la migliore soluzione…
(l’iter non sanno, la complicazione).
*
*
167
*
*
Don Camillo beve dalla tazzina,
si legge il breviario ed è lì a pregare;
sente che bussano: “Avanti…”, è la Gina,
“Sola…”, “C’è lui, ci vogliamo sposare…”;
entra Mario, pieno di brillantina…
e ammaccatura sul viso,solare.
Insomma, dai rispettivi parenti,
son stati picchiati coi…sentimenti.
*
*
168
*
*
“E’ la regola, la pubblicazione,
domani mattina sistemeremo…”;
loro pensano ad altra soluzione:
“E va bene, Don Camillo vedremo…”;
corrono verso casa di Peppone.
“Sindaco sposaci…come faremo…
nelle nostre case non ci torniamo
se questa notte noi non ci sposiamo.”
*
*
169
*
*
Piange la Gina: “In giro da stamane
e nessuno ci vuol stare a sentire,
e le nostre preghiere sono vane,
che non ci hanno voluto benedire…
ma sentiranno suonar le campane…”;
“Non son cose che si possono dire”,
dice Peppone, ma sono andati via;
ci pensa e dopo esclama: “Mamma mia…”.
*
*
170
*
*
Lo allarma la moglie: “Allo stagno vanno,
ma poveri ragazzi disperati;
c’è la lanterna, cerca dove stanno…”,
e lui fa i movimenti comandati;
poi, sbatte la porta con affanno.
Gina ha scritto e la madre li ha chiamati,
le brume e foschie tutto spengono,
decine con lanterna si immergono.
*
*
171
*
*
E nella ricerca accuse e rimbrotti,
e lì dal paese la scampanata
accompagna i parenti di Filotti,
e gli amici di Mario La Bruciata
che si scambiano dei pungenti motti,
e va ad oltranza questa litigata.
Ma…eccoli lì al margine dello stagno:
li riprendono con i piedi a bagno.
*
*
172
*
*
Cento urla nella nebbia, fa impressione,
sono urla di piacere sovrumano:
ritrovano i figli…cento persone.
D’istinto esultano, l’istinto umano:
già, d’istinto la partecipazione…
fargli una carezza, dargli una mano.
Don Camillo qui ci si scioglie pure;
Peppone non ha più espressioni dure.
*
*
173
*
*
Ma c’è, invece, chi non la smette più:
i Filotti e La Bruciata si sgridano,
ma Don Camillo si appella a…”Gesùùù”:
fa sfogare i veleni che annidano,
e li fa andare ad un campo laggiù,
e loro parlano e non si sfidano.
“Sposatevi, però la liturgia
la lascio al vescovo…alta gerarchia.”
*
*
174
*
*
Dal vescovo -continua a dire- è raro,
comunque qui non è mai avvenuto;
ma nessun altro rito m’è più caro:
me lo son detto quando, intervenuto,
pensavo a voi col pensiero più amaro.
Bastava “oremus” niente e non discuto…”.
“Anche io, una delle solite cene…
sono il sindaco, però…tutto è bene…”.
*
*
175
*
*
E’ bene che ci sia amore ma talmente
in questo gruppo così affratellato;
dall’atteggiamento si vede e si sente:
ognuno all’altro se ne va abbracciato,
e non se lo aspettavano per niente,
Mario e Gina, all’ultimo bacio dato
e andare all’aldilà, ultimo ostacolo,
e stanno…all’aldiqua, che miracolo.
*
*
176
*
*
“Mi guardo nello specchio…vedo te”,
frase condivisa da innamorati
e, nella vita questa alchimia c’è:
dalla scossa si resta fulminati.
Si insediano una regina e un re,
e nella felicità…incamminati.
“Ci fosse questo filtro sulla terra-
dice Mario- non ci sarebbe guerra.”
*
*
177
*
*
Della maestrina gli insegnamenti
nei cuori fertili si accrescono:
la preziosità di quei momenti
che dentro i sentimenti riescono;
a Ponteratto questi monumenti,(*)
le “perle” della maestra ne escono.
Dal cuore sgorga il sentimento,
e dalla cultura il ragionamento.
*
*
(*) Don Camillo:Democrazia Cristiana
***Peppone: Partito Comunista
*
*
178
*
*
Dopo il salvataggio si trova lì
Don Camillo con il viso sereno:
è trasognato, un sorriso così…
che si spegne e ridiviene terreno;
vede imbrattato (capita qui)
il muro ed il significato è osceno.
E’ di passaggio il sindaco Peppone…
trova al cancello il suo…brontolone.
*
*
179
*
*
Ed un’armonia ne è disturbata,
e gli sfuggono ingiurie nel trasalire:
Peppone gli dà la buona giornata,
e ci scherza perché è sempre a…ridire:
“Vedi nemici ad ogni cantonata…”;
“Ma è un modo sbagliato a farsi sentire…”;
“Ci vorrebbe un muro per…protestare,
già, come un servizio da adoperare…”.
*
*
180
*
*
Poi è invitato da bravo…cristiano
nella canonica a fare un lavoro:
spennellare (compito da sagrestano)
degli angioletti che cantano in coro.
“Ma sto qui per il colpo di mano:
già, la “Città Giardino” che decoro…
inaugurarla con il matrimonio;
e ne ho uno per capello di demonio.”
*
*
181
*
*
“No, Peppone, non sei da esorcizzare,
sei da riportare alla realtà:
i ragazzi, il vescovo vuol sposare,
e la “Città Giardino”, in verità,
si adatta per una festa popolare;
ed insieme lo inaugurerà…”.
E Peppone ha un’espressione diversa:
beh, questa volta la…partita è persa.
*
*
182
*
*
“La “Casa del Popolo” -dice il prete-
dopo l’aprirete sicuramente
d’altronde sono diverse le mete…”;
“Ma si tratta -risponde- solamente
di poco tempo a…togliere la rete…”;
“Sentite, nessuno ci vede o sente;
ma, Peppone vi dico cosa ho in testa:
facciamola tutti insieme la festa.”
*
*
183
*
*
Ed il giorno stabilito sostano
al “Villaggio del Fanciullo”, davanti
sono lì da un’ora non si spostano:
boy scout e “vesti bianche” cantanti:
“…inno di gioia e d’amor…”, si appostano
cento persone, di quelle scattanti,
sulla strada ritardano l’arrivo
del vescovo tra pioppi e qualche ulivo.
*
*
184
*
*
Vogliono arrivare primi così
(col ritardo del vescovo, provano),
ed al “Villaggio” stanno tutti lì
e di aspettare non se ne giovano.
Don Camillo l’ora si fa ridir,
non pensa a manovre che covano.
Avanti e dietro, le mani alla schiena:
ha l’espressione triste, quasi in pena.
*
*
185
*
*
E da Peppone c’è la sceneggiata:
auto guasta e messa di traverso,
blocca addirittura la carreggiata;
ed il vescovo arriva e non c’è verso
di riparare la gomma…bucata.
Malgrado l’età non si sente perso:
decide di farsi una camminata.
Al “Villaggio”, sottobraccio arriva,
e tutta la gente esulta giuliva.
*
*
186
*
*
Ora un grande bouquet (con gambe) avanza,
guarda fra i fiori e si avvicina a loro;
davanti al vescovo, con eleganza,
dice la strofa mentre canta il coro.
Peppone stupisce non per l’usanza,
ma perché è il figlio e ne prova…disdoro.
Don Camillo l’ha preso e…convertito,
ed adesso fino all’orlo è riempito.
*
*
187
*
*
Peppone si congeda, deferente;
di fondare quella “Casa” l’aspetta
il suo popolo, la sua gente.
E il vescovo: “Vengo,qui non c’è fretta;
e sarò tra un pò di nuovo presente;
voglio sentire quella calda stretta…”.
E Don Camillo: ” Ecco come si perde…”;
nero di rabbia, altri dicono…verde.
*
*
188
*
*
E così vanno per la fondazione
della “Casa del Popolo”, orgogliosi
dell’insieme di quella costruzione.
Ricorrendo anche a metodi…forzosi…
la precedenza che soddisfazione.
L’elogio, con toni meravigliosi,
del vescovo che viene applaudito
dal popolo nel locale gremito.
*
*
189
*
*
Dopo si congeda in quel fermento
provocato dall’affabilità
del vescovo che prende quel “momento”
per dichiarare la sua volontà
di attuare un accordo, salvato a stento,
dalle liti in quella comunità;
ed era il primo atto diplomatico,
e il resto veniva automatico.
*
*
190
*
*
Poi i giochi al Luna Park in nottata,
e Don Camillo gioca con la gente;
si trova li con la bella brigata
vicino a Peppone che è sorridente.
Ma verso il mattino l’aria è cambiata:
le idee non condivise per niente.
Ne esce scosso e con grave turbamento
apprende del proprio trasferimento.
*
*
191
*
*
E già, il vescovo lo vede provato
vedendolo uscire da quel confronto
con la tensione che lo ha affaticato,
ed al “riposo” lo vede pronto:
“Don Camillo, adesso sei avvicendato,
e delle fatiche ne tengo conto;
vai in campagna per qualche mese,
e riposato tornerai al paese”.
*
*
192
*
*
E Don Camillo davanti all’altare,
con le mani in tasca trasandato è…
sta qui a lunghi passi nel meditare:
il silenzio …catacombale c’è.
Gli parla Gesù e lo fa sobbalzare:
“Mah, nessuno si ricorda di te,
vai in pace alla stazione sereno,
altrimenti rischi perdere il treno.”
*
*
193
*
*
Sperava in un saluto della gente
ed è come se non fosse esistito;
“Tutti quanti li ho battezzati e niente…”,
parla a voce alta, l’avranno sentito,
una mosca li volare si sente,
risuonano i passi sull’impiantito,
e si inoltra tra piazze e vie deserte:
non sono idee ma impressioni…certe.
*
*
194
*
*
E’ una “via crucis” fino alla stazione,
con i bagagli enormi si trascina;
aveva sempre visto confusione…
non c’era nessuno questa mattina.
Avrebbe voluto almeno… Peppone
o quei “briganti” di Mario e Gina;
e non può essere un caso, c’è un’intesa,
ma di qualcosa la gente si è offesa.
*
*
195
*
*
Di questo Don Camillo si lamenta
mentre sul treno accelerato siede:
borbotta continuamente e commenta
che nemmeno un cristiano li si vede…
e c’è un fischio, al finestrino si avventa,
e alla commozione improvvisa cede:
della chiesa sono li, il coro canta,
ed è una gran folla ma proprio tanta.
*
*
196
*
*
E’ Brescello-Piadana, straripante,
e quasi tutti doni alimentari.
Si commuove è talmente emozionante,
è come un raduno dei propri cari
che avviene insperato all’ultimo istante.
Lo riempiono di generi vari:
la gabbia di colombi, uova, prosciutti,
e dal finestrino saluta tutti.
*
*
197
*
*
Toh,i Filotti nella gente festosa
e Gina all’insaputa del marito;
a tanti altri della missione annosa…
pensava che l’avessero tradito.
Un’emozione forte e avventurosa:
lo scompartimento ne è riempito.
Saluti dal finestrino…carini,
e fino a quando vede dei puntini.
*
*
198
*
*
Il prodotto locale è salutare
e Don Camillo ne ha più di una forma,
ed un panino comincia a mangiare
mentre che nella mappa si informa
del treno dove dovrà fermare:
la pignoleria, la sua prima norma.
Gualtieri, un posto come un altro vale,
ma…sta suonando “L’Internazionale”.
*
*
199
*
*
L’inno della “…futura umanità…”,
suonano in divisa tradizionale
i musicisti allineati qua
da Peppone: “La Banda Comunale”.
E ad un cenno che il sindaco gli fa
c’è lo stacco nel silenzio totale.
Peppone si avvicina al finestrino:
saluta ed ammonisce col fervorino.
*
*
200
*
*
“Desideriamo porgervi il saluto
per riposarvi e al più presto tornare…”,
poi vicino: “Adesso non discuto,
ma ci saranno conti da fare…”.
Dà un disegno del figlio e resta muto:
una chiesa lì sul foglio compare…
rabbonisce il prete il… bambino solo;
fischia il treno e va tra colombi in volo.
*
*
***************F I N E********************
*
*